mercoledì 18 ottobre 2017

No tinc por

Questo post non è più attuale. Ma ne siamo davvero sicuri?
Avrei voluto scriverlo un bel po' di tempo fa, non ce l'ho fatta. Ce la faccio adesso, a due mesi esatti di distanza.
Il 17 agosto, 2 mesi fa, l'ennesimo attentato terroristico. Un camioncino, un fiat Talento noleggiato dall'ennesimo pazzo invasato, si mette sulla rambla di Barcellona e investe tutti quelli che trova sul suo cammino. Riuscirà ad uccidere ben 16 persone. 

Sull'accaduto si potrebbe parlare per una vita, e non ho intenzione di farlo io. 
Sul fatto che diamo tanta più importanza a quello che sentiamo più vicino, possiamo parlarne. Ieri stesso, in Somalia, un camion bomba ha fatto 300 vittime a Mogadiscio. Non 16, 300! La cosa ci scivola forse un po' addosso. Dov'è la Somalia? Da qualche parte lontano? Non ci siamo stati in vacanza, e non ci viene in mente di andarci, e allora questi 300 morti perdono importanza, come se non ci appartenessero, se non fossero nostri, se non fossero esseri umani come noi.

Quanto ci siamo abituati? Quanto siamo diventati insensibili? Quanto è giusto diventarlo, visto che chi ci fa questa guerra vuole la nostra sofferenza?
Io non ho risposte.

Barcellona ha fatto una scelta. Quella di rispondere "io non ho paura", "NO TINC POR" in catalano.
Non sono le prime parole di catalano che ho imparato, ma forse le più importanti. Possiamo dircelo, forse dobbiamo. "No tinc por, non ho paura, no tengo miedo".

Oggi Barcellona, la Catalogna, la Spagna, sono in tutt'altre faccende affaccendati. E se a Valencia a fine agosto c'erano questi cartelloni, oggi non ci sono più, e i catalani sono nuovamente visti come i soliti rompiscatole.



Questa era la rambla di Barcellona il 30 agosto. Meno di due settimane dopo gli attentati. Ho voluto andarci, ho voluto vedere la Barcellona che non ha paura, che non si arrende, che non rinuncia a vivere.






Pensavo di trovarci delle barriere anti camion. Niente! E' saggio non aver paura fino a questo punto? Chi vuole rispondere?

La rambla festeggia tutti i giorni. E non vuole smettere. Non si arrende. Non ha paura. O non la vuole mostrare, perché magari un po' di paura ce l'ha.

Plaza Catalunya. La rambla parte da Plaza Catalunya. Pochi mesi fa ho fallito un'opportunità di lavoro importante. Se ce l'avessi fatta sarei andato a lavorare in Plaza Catalunya, sarei stato lì. Sliding doors? Non lo so. Ho voluto andarci, vedere dove sarei stato. 





Ma, se fossi stato a pochi metri dall'attentato, ce l'avrei avuto il coraggio di dire "Non ho paura"?
Chi ce l'avrebbe avuto?

Oggi ci sono altre notizie più attuali, ma queste non dimentichiamole. Non facciamoci distrarre dal tempo che è passato, dalla distanza, dalle notizie più fresche che parlano di altro. La guerra non è finita. Non la vogliamo ma c'è. E le vittime sono reali. E forse far credere a chi ci prova che non ci sta spaventando, nonostante tutti abbiamo molta paura, può servire a mettere almeno un freno a tutta questa pazzia. Proviamo a dircelo ogni tanto "No tinc por" "Non ho paura"

domenica 8 ottobre 2017

1-O

Non è un uno a zero, non è il risultato di una partita di calcio. E' un modo di abbreviare una data in spagnolo. O come Octubre, ottobre. Uno O è il primo di ottobre.
Il giorno in cui si è scritta una delle pagine meno felici della storia di questo paese.

La Catalogna è una delle 17 comunità autonome della Spagna. Il Paese è diviso, allo stesso modo dell'Italia, in regioni, province e comuni. Ma le regioni si chiamano Comunidades Autonomas e hanno una maggiore autonomia rispetto alle regioni italiane, ma minore rispetto agli Stati dei paesi federali.
La Spagna è più divisa dell'Italia. L'analogia è forte, anche qui ci sono regioni i cui abitanti si sentono fortemente parte dello Stato, ed altre in cui si può parlare di un popolo diverso, con una propria lingua e una propria cultura. Anche se questi popoli condividono la loro storia con il resto della Spagna, e in alcuni casi non hanno mai avuto una vera e propria autonomia, non si sentono affatto parte dello Stato.
E uno di questi è proprio la Catalogna.

https://it.wikipedia.org/wiki/Catalogna

Quella della Catalogna è una storia che non ho seguito tantissimo, e anche l'analisi che ho fatto in poche righe qui sopra, è estremamente superficiale. Ma ho conosciuto molto bene qualche catalano, uno in particolare che, dopo un anno che abitavamo insieme, ho scoperto che conosceva anche lo spagnolo, visto che non gliene avevo mai sentito pronunciare una parola. 

In bene e in male credo che la Catalogna e la Spagna siano due paesi diversi. Non sono la persona più qualificata per spiegare quante differenze ci sono e non mi va di dilungarmici. Ma quando ho scelto di tentare di venire qui, ho fatto una distinzione tra Catalogna e "Stato spagnolo", così come lo chiamano i catalani. 
Se mi fossi arreso e avessi voluto lavorare a Barcellona sarebbe stato molto più facile. Barcellona è un polo di attrazione per tutte le imprese che si occupano di tecnologia e per me ci sarebbero state molte più possibilità, sia di occupazione che di carriera. Ma a me non andava di mettere il lavoro al centro della mia vita. Mi importava molto di più stare in un posto più caldo e più tranquillo, non tanto frenetico. Mi piace lo spagnolo, il castigliano, il catalano non tanto, e anche se una parola ogni tanto la sto imparando non mi andava di farlo per forza. Insomma, volevo stare in Spagna e non in Catalogna.

Allo stesso tempo non amo le frontiere. Nessuna. Io continuo, ingenuo come sempre, a credere che arriverà il giorno in cui al mondo ognuno potrà decidere di andare a vivere nel posto che preferisce, senza che abbia importanza stabilire in quale Paese è nato, né da quali genitori. Continuo a credere e desiderare che tutti i muri vengano buttati giù.
Ma non è un risultato che si può ottenere con la forza. Nella storia abbiamo avuto poche unioni e poche alleanze create in maniera pacifica (e dobbiamo riconoscere che l'Unione Europea resta oggi la migliore opera dell'uomo) e molto più spesso i confini sono stati creati, spostati e abbattuti con le guerre.

Una parte del popolo catalano, o se preferite, degli abitanti della Catalogna, vorrebbe più autonomia, un'altra parte vorrebbe la secessione dalla Spagna.
Mi dispiace, sarei più contento se tutti volessero stare insieme, ma è così.

E questo vale anche per tutti i popoli che non hanno un loro paese, per tutti gli abitanti di una regione che non sentono la loro terra come parte dello Stato a cui ufficialmente appartiene.
Vale per la Lombardia (che vorrei tanto veder sparire dall'Italia), per il Tibet, per il Kosovo, per la Cecenia...  e vale anche per la Catalogna.
Sento dire che i catalani si sentono prima catalani e poi (forse) spagnoli. E, mi chiedo, chi prova il contrario? Io per primo mi sento prima di tutto materano, lucano e l'Italia per me non conta nulla. Ho sempre detto "Altamura o l'Australia per me è lo stesso", nel senso che sono stato straniero in ogni altra città in cui ho vissuto. Cremona, Sondrio, Cuneo, Lucca, non sono stato meno straniero lì di come lo sono ora.
Stare insieme è meglio, ma stare insieme per forza no. Le nazioni, e le entità sovranazionali, devono essere matrimoni d'amore, non d'interesse. Se si vuole stare insieme deve essere perché davvero ci si sente parte di un unico popolo o lo si vuole diventare, non perché conviene. Altrimenti la convivenza sarà sempre problematica.

Già, ma cosa succede quando una parte di uno Stato vuole diventare autonoma? Esiste un modo di capire, di stabilire se la secessione si deve fare o no?
L'unico caso che mi viene in mente, da poter considerare come un esempio, è quello della Cecoslovacchia. Senza sparare un colpo, consensualmente, il Paese si è diviso in due. E oggi Repubblica Ceca e Slovacchia fanno entrambe parte dell'Unione Europea.
Ma in questo caso si trattava di dividere uno Stato a metà, quindi con consenso della gran parte della popolazione.

Il governo catalano ha indetto un referendum. Per il primo ottobre scorso. Senza il consenso dello Stato, senza l'autorizzazione di nessuno. Ed è stato considerato un referendum illegale. E, di conseguenza, Rajoy, il capo del governo, ha imposto un'azione di polizia volta a impedire lo svolgimento del referendum. Le schede sono state sequestrate, è stato impedito l'accesso alle scuole dove si dovevano svolgere le votazioni, molti sindaci sono stati arrestati.

Illegale? Un referendum? Può mai un referendum essere illegale? Una consultazione del popolo, per sapere qual è la volontà della maggioranza, può mai essere proibito?

Io dico, con forza, NO, non si può mai proibire un referendum. MAI

Non si può proibire il voto. Non è legittimo impedire ai cittadini di esprimere la loro opinione. E il referendum è lo strumento di democrazia per eccellenza.
Certo, un conto è poter esprimere la propria volontà, un altro è pretendere che questa diventi legge. Questa sarebbe stata l'illegalità.
Il governo centrale aveva altri strumenti per poter intervenire legalmente.

1. Non permettere l'utilizzo di strutture e fondi statali per lo svolgimento della consultazione. Se volete una votazione dovete pagarla. In Italia ho visto le primarie del PD, così come il referendum secessionista del Veneto del 2014 svolgersi in questo modo.

2. Non dare valore legale al risultato della consultazione. Ma, mi chiedo, ve lo ricordate o no il referendum sulla secessione del Veneto? E' stato fatto nel 2014, mica un secolo fa. Giusto per rinfrescare la memoria di come ha agito l'Italia in quell'occasione, il primo link che ho trovato:

http://www.ilgazzettino.it/nordest/primopiano/referendum_autonomia_veneto_bocciato_corte_costituzionale-1111349.html

In quell'occasione, il referendum si è svolto e non ha avuto nessun effetto, nonostante una larga maggioranza a favore.
Non trovo nemmeno che si possa ignorare del tutto il risultato di una consultazione. I catalani non avrebbero comunque il diritto di proclamare l'indipendenza unilateralmente, di dettare le condizioni. Un risultato favorevole avrebbe potuto essere solo l'inizio di una trattativa, la base per poter dire a Rajoy: "ah, bello, ci sono 5 milioni di cittadini che se ne vogliono andare, contrattiamo".
Il referendum era importantissimo, sarebbe servito a dare dei dati ufficiali su cui basare le azioni politiche successive, tanto da parte di Madrid, quanto di Barcellona.

Rajoy ha fatto l'unica cosa sbagliata che poteva fare: impedire il voto.

E a quel punto ci si è messo anche il presidente catalano, Puigdemont, così come molti catalani, a fare tante di quelle cose sbagliate, da passare dalla parte del torto.

La prima è stata quella di tentare a tutti i costi di far votare i cittadini. Il risultato è stato quello che conosciamo tutti: scontri tra polizia e gente comune e tanti feriti.
Il referendum, fatto così, non ha più alcuna attendibilità. Per prima cosa perché sono andate a votare solo le persone che se la sentivano di affrontare la polizia, ma soprattutto perché si è votato ovunque, spesso per strada, senza le schede ufficiali, che erano state sequestrate, senza gli strumenti giusti per controllare la legittimità del voto. C'è stato chi ha votato quattro volte, ci sono state urne che sono arrivate già piene all'inizio della votazione, o almeno questo è quanto sostengono da Madrid.
Non abbiamo dati, ma è colpa di Rajoy se non li abbiamo. Se non avesse tentato di impedire la votazione questa avrebbe potuto svolgersi in maniera ordinata. Questa consultazione, per me è come se non si fosse svolta affatto.

La colpa è di Rajoy, ha tentato di tappare la bocca ai cittadini, e dovrebbe pagare penalmente per questo.

Ancora: Puigdemont pretende non solo di ritenere valido il voto, ma anche di dichiarare unilateralmente l'indipendenza della Catalogna sulla base di questo risultato. Eh, no, caro Puigdemont, le condizioni non le detti tu! Il tuo potere finisce con lo svolgimento del referendum.
Se e in che modo tener conto del risultato, non lo puoi decidere da solo.
Secondo me non basta questo referendum. Ce ne vorrebbe uno che coinvolgesse tutti i cittadini spagnoli, che decidano se mantenere uno Stato unitario, o trasformarsi in uno Stato federale, costituito probabilmente, da 4 paesi: Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e resto dello Stato Spagnolo. Questa potrebbe essere una strada percorribile, e coinvolgere tutti.

Un altra cosa grave, fatta da molti cittadini catalani, è stata quella di fare le vittime a tutti i costi. Molti hanno portato con sé i bambini e se ne sono fatti scudo. Tanti altri hanno accusato di violenze non realmente avvenute.

E intanto cosa succede qui? Cosa ne dicono? 
Io non ne parlo con le persone con cui lavoro. Sono appena arrivato, voglio inserirmi, trovare un buon ambiente, crearmi delle relazioni, e parlare di questi argomenti è una pessima idea, rischierei di farmi subito isolare. Sto ascoltando i discorsi di alcuni colleghi, che ridono di quelli che hanno fatto le vittime "mi hanno toccato le tette e spezzato le dita, e non era vero niente", e simili.
Mi viene voglia di chiederlo "ma secondo voi non facevano meglio a farli votare? Tutti dicono che gli indipendentisti sono quattro gatti, perché non avete voluto dimostrarlo che sono così pochi?"
Poi mi mordo la lingua, mi trattengo. Sono qui da troppo poco, sto appena creandomi timidamente le prime relazioni, questi discorsi dividono anche gli amici di lunga data, meglio di no.
Intanto le bandiere spagnole sono spuntate come funghi sui balconi (vabbè, l'altra sera c'è stata pure la partita).



La Comunità Valenciana non ha velleità indipendentiste. Esiste anche una seconda lingua ufficiale, il valenciano, che mi dicono sia molto simile al catalano (bisogna conoscerle bene per capirlo, ma mi sembra di sì). Questa lingua si vede sui cartelli stradali e si sente negli annunci della metro, e a scuola si deve studiare, ma mi è capitato pochissimo di sentirla parlare, a differenza del catalano a Barcellona.

Non è affatto scontato che gli indipendentisti siano la maggioranza. Non do nessun valore al referendum farlocco, non è attendibile, e mi sarebbe piaciuto avere i dati giusti. Molti vogliono una maggiore autonomia, soprattutto fiscale, non uno Stato indipendente.

Il re, molto vigliaccamente, ha taciuto per una settimana, e ora finalmente ha fatto un discorso, prendendo le parti di Rajoy e dicendo che il governo deve fare tutto per mantenere l'ordine e il rispetto della costituzione. Ok, il re deve difendere la costituzione attuale e lo status quo, il suo mestiere è quello.

Dal punto di vista economico, il peggio sta già avvenendo. Le banche e le grosse aziende stanno abbandonando Barcellona. Il banco Sabadell, dopo aver perso UN MILIARDO di euro per questa storia, ha deciso di spostarsi ad Alicante, qui in Comunità Valenciana. Lo stesso la Caixa, che verrà qui a Valencia. Per loro è rischioso. A Barcellona potrebbero trovarsi da un momento all'altro fuori dall'euro, con una nuova moneta che potrebbe anche svalutarsi molto appena creata. E soprattutto perderebbero l'ombrello del fondo europeo di garanzia dei depositi, che è vitale per le banche.
Io, che per le banche ci lavoro, non posso che dare il benvenuto qui a Valencia ai nostri potenziali nuovi datori di lavoro. Ma anche l'azienda per cui lavoro ha due sedi (su 6 spagnole) in Catalogna, e una delle due è la sede principale.

Staremo a vedere cosa succede nei prossimi giorni