lunedì 26 ottobre 2015

tutto è pronto

Ultimo atto.
Lucca, silenziosa, si prepara a 4 giorni di festa. Ad accogliere in maniera degna migliaia di cosplay che sfileranno per questa città regalando gioia e trattandola bene, come hanno fatto in questi anni.
La scuola della tremendazza resterà chiusa per ordinanza comunale. Ci hanno piazzato uno stand giusto davanti, nel prato dove lei va a giocare.

Per Lucca tutto è pronto.
E anche per me.

Sei anni. esattamente l'età di mia figlia. Mi sono iscritto che aveva un mese e mezzo. Mi ha sempre visto studiare.
Quando ho cominciato non sapevo che sarebbe andata così. Cercavo un'alternativa, per lasciare un lavoro che non amavo e un'azienda lager.
Mi sono iscritto il 6 ottobre del 2009. In ditta non ho detto nulla, è (o era) un posto in cui non è visto di buon occhio chi studia. Ignorante il capo, ignoranti vuole i dipendenti.
E, come tutti i miei colleghi, ho cominciato a preparare i primi esami la mattina presto e la sera dopo il lavoro.

Mentre preparo il primo esame mi viene annunciato il licenziamento. Non subito, prima farò tutte le ferie che ho da parte (un mese intero, che continuavo a tenere da parte per poter andare prima o poi in Messico), poi passerò dalla cassa integrazione. Ma alla fine della cassa integrazione verrò licenziato. Del resto non era solo la crisi.
Il vero motivo era la pulizia etnica. Fuori i terroni, dentro i lumbard, una manovra ben studiata, prima le nuove assunzioni, senza avere tanto lavoro, per poi poter dire che non c'è nulla da fare e mandare via me e il collega siciliano.
Non che volessi restarci, per me la cassa integrazione è stata una benedizione. Me ne sarei andato comunque.
E poi mi sono anche vendicato per bene di quei due anni d'inferno. Pochi giorni di ritardo nel pagare il tfr. Denuncia, ispettorato del lavoro. Le mie vendette me le sono sempre prese, pagando io, ovviamente, perché vendicarsi costa.

Il 28 novembre il primo esame. Il giorno prima, il 27, è il mio ultimo giorno di lavoro.
Informatica 1, bello, facile, incoraggiante. Si comincia con un 30 e il morale va su.

La scelta, però, è difficile. Ora che si fa?
Se la cassa integrazione dura abbastanza, posso contare su un periodo lungo fino a un anno (un anno e mezzo includendo il tempo coperto dal sussidio di disoccupazione). L'entrata è ridotta, qualche soldino da parte e si può sopravvivere.

Lo faccio. Con tanta paura. Un salto nel buio. Mi chiudo in casa per mesi e studio. Senza sapere come andrà, senza garanzie di nessun tipo. Il tentativo è quello di riemergere direttamente con un lavoro in un altro settore.
E nel corso del primo anno faccio fuori alcuni esami anche difficili. Matematica 1 (corrispondente al famoso Analisi), inglese (che in tanti hanno lasciato alla fine prendendosi un po' di tempo).
Poi mi accorgo che le propedeuticità previste sono tante. Il tutto è così ingarbugliato che preparo un diagramma di Gantt per gestirle. Otto livelli di propedeuticità: per fare Teoria dei segnali si devono fare prima, nell'ordine, Matematica 1, 2, 3 e 4 e così via...

I primi mesi vanno a un ritmo sostenutissimo. Tre esami ogni due mesi. Ce la posso fare, mi dico, a questo ritmo finisco in 2 anni, nemmeno in tre. Chiudo gli occhi sulla precarietà della situazione economica, cerco di non pensare a tutta la paura che ho e vado avanti, tentando di smazzarla alla svelta. Terminerò il primo anno con 12 esami.

Per avere la cassa integrazione ho l'obbligo / opportunità di frequentare un corso. Uno qualsiasi, potrei fare anche una settimana di cucina. Cerco di giocarmela. Trovo un corso di applicazioni web con Java e Oracle a Milano. Un mese. Uno sbattimento, ma va bene, imparo tanto e scopro che mi piace.
E do l'esame universitario di Java appena terminato il corso, ne approfitto subito. Intanto la tremendazza gattona, la mogliettina mi mostra il video che ha girato mentre ero a Milano.

Si arriva all'estate, la cassa integrazione sta finendo. Prima o poi dovrò trovare un lavoro. E, si sa, per ogni lavoro viene richiesta esperienza. Il solito giro vizioso, come faccio a cominciare? Ci vuole un tirocinio, che mi permetta di avere qualcosa in curriculum. Benedetto il politecnico che offre questa possibilità.
Lo trovo a Cuneo. E' l'unica. Trasferirsi del tutto per 6 mesi di tirocinio è troppo costoso, non è il caso. Dovrò separarmi da moglie e figlia e andare da solo. Due affitti da pagare, in viaggio ogni settimana. Cuneo-Sondrio, 5 ore di macchina o 7 di treno, con due cambi. Finché non possono venire anche loro.

L'ambiente a Cuneo è bellissimo. Ci speravo tanto, di poter rimanere. Ma il tirocinio non era finalizzato all'assunzione. Me l'hanno detto onestamente dal primo momento e così è stato. Le persone che ho conosciuto le porto nel cuore, e con alcune sono ancora in contatto. Cosa rara per me, che sono andato via da ogni posto sbattendo la porta.
Tra l'altro, do anche l'esame di Basi di dati. Ne approfitto perché l'aiuto che posso avere da queste persone splendide è tanto.
A Cuneo la tremendazza ha imparato a camminare, le è piaciuto starci, ed anche a me.
Il 4 febbraio finisce il mio tirocinio. Fino all'ultimo ho sperato che l'assunzione, mai promessa, ci fosse. Ma non era così. Anche se erano soddisfatti del mio lavoro, non era possibile ampliare l'organico.

Ho pianto. Non per il lavoro, per l'ambiente che perdevo.
Piango di nuovo oggi, per loro. Questa ditta sta chiudendo. Poco dopo la mia partenza i dirigenti sono stati arrestati per irregolarità (è una cosa che mi lascia ancora tanto incredulo) e da allora è andato tutto a rotoli. Entro poco tempo tutti loro saranno licenziati, vorrei che non fosse vero, che cazzo di incubo è?

Mia figlia aveva un anno e mezzo, e non so cosa ha capito quando, guardandola negli occhi e con una tristezza infinita le ho detto "si torna a Sondrio".
E lì una ricerca frenetica di lavoro. E scopro il mondo infame delle consulenze, il body rental che è quello che mi dà da mangiare ancora oggi. Ne parlo qui.
Tre mesi di tentativi. Sondrio-Milano sono due ore di treno. Ogni volta cercavo di procurarmi degli appuntamenti per i giorni successivi. Almeno duecento cv inviati, e una trentina di colloqui.
E anche una serie di lavori rifiutati. Avevo capito che mi stavo muovendo nel fango e che la serietà in questo settore in Italia non esiste e cercavo di evitare il peggio.

Il lavoro alla fine lo trovo, e anche l'occasione di abbandonare, spero per sempre, la Lombardia.
Anche questo passaggio è costoso in termini di tempo e di soldi. Tanti viaggi Sondrio-Lucca carico come un mulo mentre la moglie impacchetta.
Lo studio aveva rallentato da tempo, e ora subisce una battuta d'arresto. Siamo a luglio 2011, ci vorranno mesi solo per preparare Matematica 4.

Arriva un po' di stabilità. Per modo di dire. Le condizioni di lavoro sono assolutamente insoddisfacenti e decido che dopo la laurea me ne andrò. E' quel che sto tentando ora di fare.
Riprendo il ritmo, non più quello di quando ero a casa, ma un buon ritmo lo stesso.
Intanto decidono cosa fare di noi dei corsi a distanza. Le iscrizioni sono chiuse, sono entrato all'ultimo anno in cui ce n'è stata la possibilità. Uno/due anni di tempo per finire e poi? Non è chiaro (e non è deciso) cosa sarebbe successo dopo.

Bisogna premere sull'acceleratore. Non ce la posso fare, l'ho calcolato. Ci vorrebbe un anno in più. Faccio tutto il possibile e mi preparo una tabella di corrispondenze (tutta mia) con cui stimo quello che conviene fare prima per non trovarmi troppo male con un passaggio al nuovo corso.
Settembre 2013. Inaspettatamente quell'anno in più viene concesso. Decidono che c'è tempo fino a settembre 2015 per dare tutti gli esami con i corsi a distanza.
Non posso permettermi di perdere quest'opportunità. Sono stanchissimo, la media cala e le bocciature aumentano. Gli esami sono sempre più difficili o sono io che ho questa impressione?

Posso permettermi sempre di meno di non passare un esame, o di rimandarlo. Sto già approfittando di due ore e mezza di viaggio al giorno tra andata e ritorno per studiare, non ho altro tempo, posso solo toglierlo al sonno.
Sveglia alle 5 per gli ultimi 7/8 mesi. Il fisico dice basta, ma ce la faccio. Con una sessione di margine. Sul filo di lana.

La gioia di tornare a casa e poter dire a mia figlia "ho finito, ora papà è tutto tuo" la potete immaginare.
Domani si parte per Torino. Le mie donne, che mi hanno accompagnato in questo percorso, saranno con me, e ci saranno anche altre due persone speciali, che non vedo da tanto.
E' fatta. Tutto è pronto




domenica 25 ottobre 2015

Come nasce un violino (seconda parte)

Eccomi di nuovo
scusate per l'attesa, ci ho messo un pochino a decidermi a scansionare queste vecchie foto e a preparare il secondo post. Sto usando le poche foto mie che ho, poche e di scarsa qualità, ma originali. Ne aggiungerò anche qualcuna presa dal web per completare.
Mi interessa approfondire un aspetto: il prezzo degli strumenti.
Come evidenziava Claudia commentando il post precedente, gli strumenti artigianali sono molto cari e la differenza con i violini da studio di fabbrica e abissale (un violino di fabbrica da studio si può trovare anche con un centinaio di euro, mentre per uno artigianale ce ne vuole qualche migliaio). La differenza di qualità e di lavoro necessario giustifica ampiamente questo divario enorme di prezzi.
Per costruire uno strumento che abbia un bel suono è necessario avere del legno scelto e stagionato adeguatamente, e già il costo del materiale supera abbondantemente quello di un prodotto finito scadente.
Il legno, poi, non è un materiale omogeneo come i metalli. Una tavola fatta con un abete a venatura larga dovrà essere leggermente più spessa di una a venatura stretta. Queste valutazioni sono fatte in maniera assolutamente empirica, non abbiamo, ad oggi (o almeno a qualche anno fa, finché me ne sono interessato) degli studi sufficientemente approfonditi che possano chiarirci come funziona davvero un violino, come scegliere la curvatura e gli spessori di un piano armonico, come scegliere il legno, come valutare i risultati ecc.
O meglio, di studi se ne sono fatti tanti, ma la materia è molto complessa e le variabili in gioco sono tante. Finora l'esperienza degli artigiani vince sulla scienza.
Tutto ciò impedisce a una fabbrica di produrre strumenti ad arco di alta qualità. L'industria, quindi, punta a soddisfare il mercato, più vasto, degli studenti alle prime armi, che hanno bisogno di violini poco costosi per tanti motivi (spesso sono ragazzini a cui non è ancora possibile affidare un capitale in mano, suonano per puro divertimento o non si sa ancora se della musica faranno il loro lavoro, quindi non è giustificabile un investimento ingente, ecc.)
Il liutaio, invece, produce ogni strumento con tanto tempo di lavoro (mediamente un mese per un violino) e ogni pezzo è unico (immaginate la differenza che esiste tra la maglietta che indossiamo ogni giorno e un vestito di uno stilista, confezionato a mano). Non può costare pochissimo e, ovviamente, dovrà servire a chi di musica vive, o conta di farlo.

Va bene, spero di non avervi fatto addormentare. Dedichiamoci ora a costruire le fasce e il fondo.
Ci sono diverse scuole e più di un paio di metodi costruttivi. Ne vediamo solo uno. Lavoreremo con la forma interna, come da antica tradizione cremonese.

Bisogna, prima di tutto, costruirsi una forma. Per farlo, si possono ricalcare i modelli degli strumenti esistenti. Non ve la faccio lunga, il risultato più o meno è quello che vedete in foto (solo la parte in legno scuro).


Per la cronaca, quella in foto è una forma di violoncello. Il metodo costruttivo è lo stesso. Alla forma si incollano gli zocchetti, sei blocchi di abete o di salice che avranno il compito di tenere insieme le fasce. Qui sopra li vedete già incollati.
Gli zocchetti vengono poi sagomati per dare loro la forma definitiva.
Si procede a questo punto a piegare le fasce con il piegafasce, un attrezzo sagomato come questo

immagine presa dal web

Le fasce vanno spessorate (in un violino sono spesse 1,2 mm), si bagnano e si tirano con forza contro il ferro rovente (considerate che si scalda più o meno come un ferro da stiro, anzi il mio piegafasce da violoncello ha dentro proprio la resistenza di un ferro da stiro). Il vapore aiuta a dar loro la forma desiderata.

immagine presa dal web





Si incollano le fasce agli zocchetti. Infine si sagomano esternamente. Si aggiungono, poi, all'interno delle fasce, le controfasce, dei listelli di abete o di salice che servono ad aumentare la superficie di incollaggio con il fondo e la tavola.

immagine presa dal web

Passiamo ora al fondo.
Il fondo è ricavato da due pezzi di acero (più raramente da un pezzo unico) tagliati "di quarto". In sintesi, da due spicchi di tronco. E' necessario che il legno venga tagliato in questo modo per resistere adeguatamente alla pressione delle corde e per propagare bene il suono. Ed è un tipo di taglio utilizzato solo per la liuteria, quindi al momento di tagliare un tronco, la segheria deve conoscere già la destinazione di questo legno. Se lo taglia radialmente sarà destinato ai liutai, altrimenti alla falegnameria.

Immagine presa dal web
Lo spicchio che vedete qui in foto verrà ulteriormente diviso in due parti. Queste due parti verranno piallate (rigorosamente a mano, non esiste macchina che possa fare un lavoro così preciso) ed unite per il lato che era una volta la corteccia dell'albero.
Su questo pezzo di acero così ricavato si appoggeranno le fasce e, ricalcandole, si ricaverà la forma del fondo.

Il fondo viene scolpito esternamente ed internamente (nella prossima puntata vedremo come) e poi incollato alle fasce con degli speciali morsetti.


continua...

domenica 11 ottobre 2015

Come nasce un violino (prima parte)

So di aver incuriosito qualcuno. Il lavoro che ho avuto la fortuna di imparare è affascinante. E ogni tanto qualcuno me lo chiede. Come si costruisce uno strumento ad arco?
Comincio a raccontarvelo qui, dove possibile ho inserito foto dei miei lavori, altrimenti ho cercato delle immagini esplicative in rete. Se non trovate l'indicazione "immagine presa dal web" vuol dire che si tratta del mio lavoro, come il violino che vedete qui.

Questo nella foto è un violino. Il metodo costruttivo è lo stesso per tutti gli strumenti della famiglia degli archi.



Si compone di tante parti, grandi e piccole. Le principali sono quattro:
1.La testa. Comprende il riccio, il manico e la tastiera (nella foto che segue le indicazioni "manico" e "tastiera" sono invertite). Il riccio e il manico sono realizzati in un blocco unico di acero, cui viene incollata la tastiera, che è di ebano.
2. La tavola armonica, composta di due pezzi di abete
3. Le fasce, realizzate in acero.
4. Il fondo, in uno o due pezzi di acero.

La tavola, il fondo e le fasce, messi insieme, costituiscono la cassa armonica.
A queste parti si aggiungono tutti i piccoli pezzi mobili, che costituiscono la montatura, e che vedremo in seguito. 

Immagine presa dal web

Il legno per la costruzione dello strumento è stato scelto diversi anni prima di cominciare. Sono infatti necessari tanti anni di stagionatura naturale, senza utilizzare il forno, che asciugherebbe in fretta il legno, rendendolo però inservibile da un punto di vista dell'acustica.
Viene tagliato in una maniera particolare, che serve solo alla costruzione degli strumenti, da segherie apposite.

Si può cominciare a lavorare indifferentemente dalla testa o dalla cassa.
Cominciamo dalla testa.
Si prende un blocco di acero e lo si squadra, cioè lo si sega e lo si pialla fino a farne un parallelepipedo largo 42 mm, con le pareti perfettamente a 90°.
Su di esso si disegna, con l'aiuto di un modellino preparato in precedenza, la forma della testa. La si taglia dal blocco.

Immagine presa dal web
Dopo aver rifinito questo taglio, si tracciano, sul dorso, le larghezze che dovrà avere il riccio nel suo sviluppo esterno.

Con l'aiuto delle linee tracciate, si praticano dei tagli col seghetto, per eliminare poi le parti in eccesso laterali.

Immagine presa dal web

Il resto del lavoro verrà fatto con una sgorbia, fino a completare il riccio.


Si scava ora la cassetta dei piroli.


E infine i canali del dorso. Dopo aver rifinito tutto con degli attrezzi di precisione (rasiere, lime) si passa alla tastiera.

La tastiera di solito si trova in commercio come prodotto semilavorato, scolpito in fabbrica da un unico pezzo d'ebano. Va però rifinita. Con una pialletta (una piccola pialla) si dà alla tastiera la giusta curvatura, necessaria perché il violinista possa appoggiarci le dita e ottenere che la corda non tocchi in altri punti la tastiera.

Immagine presa dal web

Completata la tastiera, viene incollata al manico. Il manico stesso viene poi arrotondato. La testa è pronta.

Immagine presa dal web

Continua nella prossima puntata...