domenica 13 marzo 2016

Una giornata tra i dinosauri

Ormai la figlia ha deciso. Da grande vuole fare la paleontologa.
Sa tutto sui dinosauri, in che periodo vivevano gli uni o gli altri, quali erano gli erbivori, quali i carnivori.
Libri, film, giocattoli, dinosauri su dinosauri.
Guardiamo insieme Jurassic World e riconosce i velociraptor e protesta perché non erano del giurassico ma del tardo cretaceo e non potevano vivere insieme al brachiosauro, che invece era del giurassico.

Deciso, a 18 anni andrà a scavare ossa di dinosauro. Si è già preparata con tutto l'occorrente.


Allora, visto che vuoi fare sul serio, facciamo sul serio!
Sabato mattina, si parte. Dove, è una sorpresa. Quando arriviamo le diciamo che è un museo. Non volevamo crearle aspettative molto alte, il rischio di una delusione c'è. Soprattutto perché vedere un reperto vero, danneggiato dal tempo, incompleto, rispetto a una ricostruzione fantascientifica, per i bambini può essere deludente.

- Ma io al museo non voglio andarci, è noioso.
- E se questo è un museo particolare?

Museo di storia naturale dell'università di Pisa. A Calci. meno di 20 Km da Lucca. Decisamente a portata di mano.
Per tutto l'anno c'è la mostra "Terra dei giganti", con scheletri di dinosauri prestati anche da altri musei.
Uno spettacolo autentico.
Cominciamo con il mostrarvi il posto. La certosa di Calci, trasformata in museo. Immersa nel verde delle colline toscane.


Dentro, una parte della certosa è visitabile, con le sale espositive. In un'altra, molto ben conservata, siamo entrati per sbaglio, intercettati dopo un po' da qualcuno che ci ha ricondotti sulla retta via.
Il museo ha diverse esposizioni.
La tremendazza ha preso la mappa e ci ha guidati dove più le interessava, alla mostra dei dinosauri.
Mi è piaciuta, molto ben fatta. Vedere i soli scheletri nelle teche l'avrebbe forse delusa. Invece hanno realizzato molte riproduzioni da affiancare agli originali.
"Originali", beh, non tutti. Alcuni erano originali, in vetrina, altri erano calchi, esposti liberamente. Ma questo lei non lo sa.




Eccola qui davanti al primo scheletro esposto. Quando le ho detto "ti avrebbe mangiato in un boccone" lei cosa mi ha risposto?
"Guarda, papà, che questo era un erbivoro, vedi i denti?
Mi rassegno. Lei ne sa di più.
Ecco qui il carnotauro (carnivoro). Scheletro e riproduzione.



E poi tanto altro.
Artigli di feroci predatori


Fossili, scheletri completi e non.



Questo è il teschio di uno pterosauro, un passerottino dell'epoca che avrebbe potuto usarci come becchime.


Queste erano solo le esposizioni temporanee. Il museo ha una zona dedicata a tante specie attualmente viventi. Non che io sia favorevole alla discutibile pratica dell'imbalsamazione, che prevede di uccidere delle povere bestie per impagliarle e mostrarle in vetrina, ma va detto che per quanto riguarda tutti gli animali esposti, si tratta di un lavoro fatto cent'anni fa. Oggi non sarebbe più accettato, per fortuna.



 Ecco lo scheletro di una giraffa


Mentre qui papà e figlia insieme cercano di misurare con le braccia la lunghezza della testa di una balenottera.


C'è ancora molto altro. Vale davvero la pena visitare questo museo. La tremendazza è tornata a casa ancora incredula per il meraviglioso spettacolo.
Vi rimando al sito istituzionale per ogni informazione.
http://www.msn.unipi.it/

domenica 6 marzo 2016

Il consumo responsabile (e altri pensieri della settimana)

Pensieri di questi giorni (non ricercate coerenza e un filo conduttore nei miei pensieri, vi perdereste).
Nichi Vendola ricorre alla pratica conosciuta come "utero in affitto" per avere un figlio. 
Le opinioni sono contrastanti, molto spesso drastiche, e in molti sentono la necessità di pronunciarsi. 
Come succede spesso nel web, e forse anche nella vita reale, il dialogo vero tra chi la pensa diversamente non c'è. Ognuno esprime con forza il proprio modo di vedere e lo difende a spada tratta, indipendentemente dalla propria esperienza (è un tema che conosco da vicino? Sto facendo ipotesi? 
Anche persone molto aperte e disponibili all'accogliere le opinioni altrui sono molto determinate e sentono la necessità di ribadire le loro posizioni più volte nei giorni successivi.
Personalmente, per quanto riguarda le persone che conosco, questo atteggiamento lo capisco, anche se non lo condivido appieno. Il tema è delicato, scottante, il bene dei più piccoli sta sinceramente a cuore a molti. 
Non vale invece la pena di parlare più di tanto dei troll che vomitano stronzate ogni volta che mettono le mani sulla tastiera, tirando in ballo Dio (che quando se li troverà davanti gli farà un mazzo tanto), la natura (di cui però gliene frega davvero poco) o altro.
 
Pochi giorni dopo si parla della futura apertura di Starbucks in Italia. E qui i suddetti troll si scagliano contro il diavolo a stelle e strisce che si permette di poggiarsi sul suolo italico.
A me il primo pensiero che viene in mente è "fammelo appuntare fra le cose di cui non me ne frega un cazzo", come si suol dire. Non che abbia qualcosa in contrario, è che è difficile che io ci vada, a meno che non me ne aprano uno di fronte all'ufficio. 
Detto questo però, la cosa mi fa piacere. Un'azienda straniera che investe in Italia. Non ce ne sono tante, sono molte di più quelle italiane che delocalizzano. Gli investitori stranieri sono scoraggiati dalla tassazione eccessiva e dalla burocrazia inefficiente dell'Italia. 
No, ci devono sempre essere tanti rompiballe che si devono mettere contro. Temere che le grandi catene distruggano i piccoli imprenditori italiani. 
Ma davvero? 
Prima di tutto mi preme sottolineare che non ci vedo nessun motivo di difendere i piccoli imprenditori. A suo tempo ne avevo parlato, è raro che io vada in un piccolo negozio invece che in un ipermercato. 
Poi, credo che la concorrenza sia una cosa buona, e che il protezionismo faccia male. L'azienda deve offrire qualità, differenziarsi dai suoi vicini e non costringere il consumatore a comprare perché non c'è altro in giro. E non credo che un buon bar abbia molto da temere. Se il caffè e i dolci sono buoni, e siete gentili, chi v'ammazza? Non ho visto mai nessuno che cambia bar per pochi centesimi di differenza sul prezzo. Se bruciate il caffè, come un bar che conosco, i clienti si faranno due passi in più e andranno da un'altra parte. E il protezionismo non vi salverà.

Ma questo mi fa pensare che alla fine, sempre e comunque, c'è tanta, troppa gente, che vuole che al mondo non cambi mai nulla. E io di questa gente sono proprio stufo, perché io di cose ne vorrei veder cambiare tante.

Poi viene fuori un commento del tipo "il caffè che usano è coltivato sfruttando i bambini". Se questo è vero non lo so, ma il tema che ne viene fuori è importante. Consumare responsabilmente. 
Trovo che sia davvero difficile. Vorrei avere la certezza che ogni prodotto che compro arrivi a me nel modo più "pulito" possibile, con il massimo rispetto dei lavoratori e dell'ambiente, che sia sano e che il suo uso non sia nocivo per nessuno. 

Bella utopia. 

Al supermercato è obbligatorio indicare la provenienza della frutta e della verdura. E allora uno pensa "compro italiano", pensando di andare sul sicuro, contando sul fatto che rispetto a molti paesi del terzo mondo ci siano più garanzie. Macché, poi abbiamo le discariche sotto i campi. Non solo in Campania, ne sono state trovate anche qui in Toscana. 
Quando si può contare su persone fidate che hanno un campo e che possono rifornirci di olio e pomodori, tanto di guadagnato. Ma non è facile, e tante volte bisogna fidarsi di quello che si compra.

Usare pochi imballaggi, e riciclare al massimo. Almeno qui si va a colpo sicuro. Gli stessi peperoni me li danno sfusi o in vaschetta. Anche se la vaschetta si ricicla, non è lo stesso che non produrla, peperoni sfusi, grazie. 

E per tutti i prodotti industriali (alimentari e non)? Vorrei vedere ogni lavoratore rispettato come me, che garanzie ho? Anche qui l'idea che i prodotti italiani siano meno sporchi di sangue non c'è. Si fa tanta pubblicità al tessile "made in Italy". Prato è in Italia, ma la maggior parte delle aziende di italiano hanno ben poco. Capannoni industriali con cinesi che sfruttano altri cinesi e che lasciano che muoiano nell'incendio di capannoni che non hanno avuto mai alcuna misura di sicurezza, è successo.
E non che gli italiani siano meno sfruttatori. 

Anche sul web la situazione non è migliore. Sento sempre cantare le lodi di Amazon. Però leggo anche che sono tra i peggiori schiavisti. Ho evitato Amazon quasi sempre per questo motivo, ma anche lì non è facile. Quando quello che cerchi te lo offrono solo loro, o qualche piccolo concorrente che non conosci e non sai nemmeno se te lo spedirà, è difficile fidarsi. Un giorno, poi, parlando con qualcuno del fatto che io non compro da Amazon, ho avuto una risposta interessante:
"sì, sappiamo che sono degli sfruttatori perché i loro lavoratori possono parlare, tanti altri non possono nemmeno". 

Riflessione interessante. E adesso?