domenica 27 settembre 2015

Come sei cresciuta

Sei il mio orgoglio. E lo sarai sempre.
Eri piccola così quando per la prima volta ti abbiamo affidata alle tue stupende maestre d'asilo. Noi eravamo un po' timorosi, non sapevamo come sarebbe andata. E tu ci hai stupiti. Hai voluto cominciare, ti è piaciuto, hai chiesto di restare anche a mangiare, e poi il pomeriggio. Hai amato questa scuola, volevi andarci anche d'estate. E noi a chiederci da chi mai avrai preso, che la scuola noi non l'abbiamo mai amata, non certo come te.
In questi anni io e tua madre ci siamo ripetuti mille volte che abbiamo avuto una fortuna sfacciata a trovare una scuola così. Maestre splendide, un ambiente multiculturale come in Italia non è facilissimo trovare, almeno 10 nazionalità su 25 bambini. Tutte le persone che lavorano in quella scuola di una gentilezza squisita.
Questi tre anni sono passati, l'asilo ti è servito tanto. Hai imparato che non sei speciale, che gli altri sono come te, a rispettarli, a giocarci insieme. Hai imparato a impegnarti. Sai che puoi realizzare delle belle cose, ma devi conquistartele.
E ora sei cresciuta, e sei grande così.


E ora è cominciata la scuola elementare. Lo sapevi che sarebbe stata diversa, ma poi non tantissimo. Non hai cambiato compagni. I genitori sono rimasti così soddisfatti da iscrivere quasi tutti voi alla scuola elementare nello stesso edificio, al piano di sopra. Hanno dovuto fare una classe da 24 monellazzi per tenervi lì tutti.
E mi sa che anche con le maestre delle elementari ci è andata di lusso. O almeno la prima impressione è questa.
Un pochino ti aveva spaventato l'idea di smettere di giocare e di dover studiare, ma ora stai vedendo che non è così male. Anzi, anche adesso ci vai ancora tanto volentieri, e vuoi anche fare i compiti. Ma dove si è mai visto?

Non puoi immaginare quanto mi sento fortunato nel vedere che la scuola ti piace. Quanto ci sentiamo fortunati io e la tua mamma. Perché per noi non è stato così.
Per me la scuola è stata un incubo dal primo all'ultimo giorno, una tortura che volevo solo che finisse. E vedere che ci vai contenta è una rivincita che ha un valore altissimo.
Io a scuola, il primo giorno, ci sono entrato piangendo, tirato, letteralmente trascinato, per un braccio dalla nonna e per l'altro dalla maestra. Tu ci sei entrata col sorriso.
Io sono uscito dall'esame di maturità e mi sono messo a cantare "Vaffanculo" di Masini davanti all'edificio. E ho tolto il saluto a quasi tutti i professori.
Non posso scommettere un soldo bucato su come sarà il tuo ultimo giorno di scuola, desidero che per te sia bellissimo. Per quel poco che è in mio potere, ci sto provando.
Abbiamo comprato insieme tutto il materiale per la scuola, abbiamo messo insieme le copertine ai quaderni, le etichette, tutto.
E stamattina, quando ti ho detto "facciamo i compiti" mi sei saltata in braccio contenta. E i compiti li hai fatti seduta in braccio a me, canticchiando "sto disegnando seduta in braccio al mio papà".

Non credevo che nella vita avrei potuto avere così tanto.
Chissà come mai in questi giorni sei diventata così "papona", sempre in braccio, desiderosa di coccole, tanto vicina a me come non eri stata finora. Forse perché ora ci sono. Ora che ho finito di studiare finalmente posso essere più presente.
Mi hai visto studiare da quando sei nata fino a due mesi fa. Io ho finito e tu cominci, e in questo forse hai sentito la complicità, la condivisione della stessa attività. Tra un mese, lo sai, andremo insieme a Torino a prendere la mia laurea, e la cosa più bella è che tu ci sarai e che sei ormai già così grande da capire di cosa si tratta.

Non sarà sempre facile così, lo so. Ma oggi me la godo alla grande.

venerdì 18 settembre 2015

la porta a vetri e il resume americano

Rieccomi qui a parlare del mio tentativo di espatrio.
Nel giro di un paio di mesi ho riassunto anni di vita e di speranze, di tentativi, di riflessioni. Chi vuole guardare le puntate precedenti può cercare l'etichetta "la terza scelta".
Obiettivo: California del sud. Un posto dove è molto difficile potersi stabilire, per il costo alto della vita e perché ottenere un permesso di lavoro negli USA è un processo lungo e faticoso.

Ho cercato, quindi, per prima cosa, di capire quanto è necessario guadagnare per poter mantenere una famiglia da quelle parti e se avrei la possibilità di avere questo trattamento economico.
Se non avessi scelto di fare il programmatore probabilmente avrei cambiato obiettivo (l'ho già detto, vero?). Molta gente infatti è scoraggiata dal fatto che un reddito medio in California costringe a contare i centesimi per fare la spesa, molte persone (anche tra chi ci è nato) cercano, negli USA uno Stato più economico. Perché il costo della vita varia molto da una zona all'altra, gli stipendi no, fatta eccezione per alcune piccole zone come la Silicon Valley.

Prendete col beneficio del dubbio queste affermazioni, non ho modo di verificarle personalmente adesso e non ho voglia di usare il condizionale per tutto il post.

A conti fatti, sembra che gli informatici, comunque, siano trattati bene. Abbastanza da poter sostenere i costi californiani, anche senza diventare dei Paperoni.

Uno strumento valido per ottenere queste informazioni è Glassdoor. Poco usato in Italia e tantissimo in America, almeno per l'informatica, questo sito dà gratuitamente informazioni sulle singole aziende, sugli stipendi offerti, sui benefit, su come si vive in azienda e tanto altro. Sono le stesse persone che ci lavorano a fornire questi dati, in forma anonima. Ognuno può scrivere una recensione sulla propria azienda, indicando anche quanto guadagna, ecc.
Ovviamente quello che si trova su glassdoor va preso con le molle, chiunque può scrivere che guadagna un sacco di soldi, che gli danno l'ufficio con due piante di ficus, quattro segretarie ed elicottero aziendale, ma si spera che, quando ci sono molte recensioni, le minchiate siano confinate a una piccola parte. E per alcune aziende i dipendenti (o ex dipendenti) che hanno scritto qualcosa sono migliaia.
Glassdoor pubblica anche le offerte di lavoro, se ne può approfittare anche quando si trova un'offerta per un profilo differente per capire quali sono le aziende del territorio e farsi un quadro chiaro.

E ho passato qualche giorno alle prese con una pagina, dicasi una banale paginetta, che mi ha messo un po' al tappeto.
Il famigerato resume americano.
In Italia si manda in giro un documento più grande, in cui si devono condensare tante informazioni ed esiste un formato predefinito molto discusso che è l'Europass. Se lo utilizzate, vi chiederanno perché e vi diranno che non è bello, che i cv europass sono tutti uguali e non denotano personalità. Se non lo fate vi chiederanno perché non l'avete fatto e vi diranno che bisogna usarlo per dare al selezionatore, a colpo d'occhio, tutte le informazioni di cui ha bisogno.
Si chiede di non superare le due pagine, ma spesso si va oltre. Il cv che la mia azienda manda ai clienti quando mi propone è di 7 pagine, con descrizione di tutti i progetti svolti.

Il resume americano, ne ho scaricati a decine per prendere spunto, è di una pagina sola. Grafica spartana al massimo (potrebbe stare tranquillamente in un file di testo da blocco note). Ci sono un po' di sezioni, che da un resume all'altro variano molto. Come dire, ognuno sintetizza e organizza i dati un po' come gli pare, e non supera mai una pagina.
Qualche scrupolo me lo faccio, visto che i cv vengono visti in pochi secondi e chi non dà le informazioni a colpo d'occhio viene scartato. Ma se non si deve nemmeno girare pagina, è più facile che un resume venga letto tutto.

Perché questa differenza così forte? Non lo so, forse in Italia si tende a mentire di più e quindi i dettagli (progetti svolti con descrizioni non proprio sintetiche) servono a rafforzare le affermazioni, mentre negli USA si tende a credere di più a uno "skill summary" dove, se scrivo che conosco jquery mi si può credere sulla parola?

Quel che è certo è che ci ho faticato un bel po' con questo documentino. Ho tirato fuori, nelle prime righe, una presentazione personale che dovrebbe colpire i selezionatori (e qua il condizionale è d'obbligo) e ci ho messo giorni per scrivere quattro righe. E anche col resto ho faticato un pochino. E' il caso di scrivere "android" e altre parole chiave nello skill summary, se ci ho fatto solo qualcosina, e non di recente?

Non è stato facile compilare questo resume. E' un'esperienza che ti cambia. Anche se l'avevo già fatto più volte, questa volta devo essere davvero convincente, in pochissime righe. Invogliare un selezionatore a scegliere me tra diversi candidati. Dargli dei motivi per farlo.
Spesso il curriculum è un diario delle esperienze, dei lavori svolti, delle competenze acquisite. E a volte non è richiesto altro. Nel mondo italiano dell'informatica, fatto quasi solo da aziende di consulenza, si va per parole chiave: Spring (2 anni), C# (3 anni) ecc.

Questo serve di sicuro. Ma per puntare a uscire da questo ambiente e a lavorare in un'azienda che mi faccia crescere al suo interno, devo farmi conoscere come persona, far emergere i lati migliori, quelli che possono portare vantaggio a chi mi assumerà. Tutto in poche righe. 
Descrivermi in poche righe significa costruirmi un'immagine con cui presentarmi. Essere pronto a difendere i punti di forza in un colloquio e poi nella vita professionale. Ripensarci mentre sono al lavoro e continuare a far leva su quei punti ogni giorno. 

Mi sono descritto, tra l'altro, come affidabile e come problem solver. Non ho imbrogliato. Gli incarichi mi vengono affidati perché chi me li dà sa che non dovrà testare nuovamente il mio lavoro.
Ho scritto che sono autonomo in ogni fase dello sviluppo. Ed è vero.
Ma questo mi sta portando a fare ancora di più mentre sono in ufficio. Pensando che, se mi sono descritto così, non devo smentirmi oggi.

Un'altra differenza importante è il fatto che sul resume americano non si mettono foto e data di nascita. Indispensabili in Italia, l'età è un'informazione che viene chiesta al primo contatto telefonico se non c'è sul cv. Nel mio caso è pesantemente discriminante, perché ho fatto un altro lavoro fino a 35 anni, poi ho ricominciato da capo. Per me è una ricchezza. Per molti qui no, ad ogni colloquio ho dovuto giustificare il cambio a gente che mi chiedeva con aria schifata "perché ha cambiato?".  Molti altri, chissà quanti, avranno scartato il mio cv solo guardando l'età. E' un po' quello che succede a Fantozzi, che vuol tornare a lavorare dopo la pensione. Anche per questo ho scelto gli USA. Se è vero che l'età non conta, mi conquisto la possibilità di ricominciare davvero. Per quanto ne so, nemmeno in altri paesi europei c'è questa opportunità.

Il forte dubbio che ho è: spedire subito questo resume alle aziende o cercare di arricchirlo con quelle parole chiave che ancora mi mancano? Perché se, da un lato non si è mai pronti, dall'altro ci sono comunque un po' di cosette che so che devo approfondire.

Avrei bisogno di una revisione del mio resume. Avete consigli riguardo alle agenzie che fanno solitamente questo lavoro? C'è qualcuno che si offre volontario per dargli un'occhiata e un parere? Si tratta di una sola pagina.
Grazie a tutti.

sabato 12 settembre 2015

il gomblotto

Eccomi anche io a parlare dell'11 settembre. Ma lo faccio il 12, se permettete.
Ho letto tante cose: racconti di chi viveva all'epoca negli USA (e ci vive ancora oggi), di come ha vissuto quei giorni con paura, con angoscia. Ancora tanti mesi dopo.
E, come ogni anno si sollevano mille polemiche.
Giornata della memoria da un lato. Giorno in cui ricordare e rispettare le vittime.
Benaltrismo dall'altro. Neologismo che calza a pennello per chi non ha nessuna voglia di rispettare nessuno, ma non avendo motivazioni si inventa che ci si deve sempre occupare di altro e le cose importanti non sono queste.
Complottismo dall'altra parte. Condito con una buona dose di antiamericanismo. C'è chi racconta che sono stati gli americani stessi a piazzare cariche di dinamite per far crollare le twin towers.

Io non ho nulla di particolare da raccontare. Ero al computer, in Italia era pomeriggio. Arriva mio fratello e dice "avete sentito la notizia?" con la serenità che lo ha sempre contraddistinto, poi comincia ad accennare qualcosa. "Pare che sia stato uno sceicco dello Yemen"
E lì abbiamo cominciato a vedere cos'era successo. Della gravità della situazione me ne sono reso conto un po' dopo. Quando le torri sono crollate, pensavo che fossero già state completamente evacuate. E invece è stato proprio il crollo a causare la maggior parte delle vittime, tra le persone che erano ancora dentro.

Quel giorno a me non ha cambiato la vita. Ma pensavo che l'avrebbe fatto.
In quel periodo ero in contatto con diverse persone tra cui una ragazza che viveva negli Stati Uniti e che diceva "ora non sappiamo più cosa potrà capitarci". Come se l'attacco riguardasse solo gli USA.
Ma no! L'unica cosa che ho avuto chiara dall'inizio, e che non è mai stata molto condivisa, è che l'attacco dell'11 settembre NON era un attacco agli Stati Uniti, ma a tutto l'occidente.
L'hanno dimostrato i fatti. Dopo Le Twin Towers e il Pentagono ci sono stati gli attacchi di Londra e Madrid.
E in molti si sono dimenticati che sono stati sventati altri attentati. Se non sbaglio anche a Milano.
L'Iberia è stata ripetutamente coinvolta, tant'è che dopo gli attentati sventati a Barcellona, Madrid e Milano, abbiamo dovuto cambiare compagnia per far venire mia moglie in Italia nel 2003.
Temevo che in giornata sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale. Non so se c'è mancato poco. Ho chiamato il mio amico cipriota (Cipro è, o almeno era allora un Paese sempre a rischio guerra, perennemente in allerta) temendo che potesse essere richiamato alle armi. E lui (no, non siamo in allerta, siamo in festa. Idiota!)

E no, non credo che ci sia stato un complotto. Che sia stato un auto-attentato. E per me tutti quelli che hanno festeggiato la morte di tanti innocenti sono bollati come idioti.
Ma non credo nemmeno che all'interno dei servizi segreti americani nessuno sapesse nulla, che nessuno abbia favorito, come minimo guardando dall'altra parte.
No, non ci credo! L'attacco al pentagono e alle torri gemelle è stata un'occasione servita su un piatto d'argento all'America (e in questo caso parlo di esercito e servizi segreti) che non aspettava altro per poter dare il via alle invasioni. Prima in Afghanistan, poi in Iraq.
Dieci anni per stanare Bin Laden, ma quanto è credibile che non abbiano voluto prolungare il più possibile la loro presenza nel Paese?
"Guerra preventiva" in Iraq, con la scusa di scovare armi di distruzione di massa mai trovate.
L'amministrazione Bush, padre e figlio (che possa non ritornare mai più) ha sempre avuto come obiettivo l'occupazione militare del maggior numero di Paesi, per mantenere la supremazia. La guerra anche come mezzo per vendere le armi.
E questa è stata l'occasione d'oro. Per me quel giorno di 14 anni fa alla CIA hanno stappato lo spumante.

Immagine presa dal web

Ci sono stati altri tentativi di attacco. Certo, questa modalità è stata sorprendente. Ma la CIA sa pure quanti capelli ha ognuno di noi in testa.
Mi è stato detto anche che è impossibile, che avrebbero dovuto essere coinvolte tante persone perché la CIA collaborasse. No, non credo. Mica tutti sanno tutto. Bastavano poche persone chiave, probabilmente, perché non si impedisse l'attentato, magari per favorirlo in qualche modo.

Auto attentato no, cariche di dinamite nelle torri è pura fantasia. Ma non raccontatemi che nessuno sapeva nulla. Non ci credo!

Quarantuno

Scusate se non parlo di torri gemelle come tutti, oggi (magari un altro giorno).
Scusate se per me l'undici settembre non è il giorno della memoria, un altro giorno lo posso dedicare alla memoria, ma oggi no,
Scusate, ma per me è un giorno di festa.
L'undici settembre è il mio compleanno. Quarantuno quest'anno.
Una giornata bellissima, anche senza nulla di particolare. Che poi essere ricevuto dalla mogliettina con una bella sorpresa, dalla figlia con un abbraccio e un regalo è tutt'altro che "nulla di particolare". E' speciale. E' quello che voglio per la vita.
Ci metto la firma a passare ogni anno un compleanno così. Tantissimi messaggi di auguri, una persona speciale (forse due) che mi comunica che ci sarà per la mia laurea. Non chiedo di più.
Grazie a tutti.

domenica 6 settembre 2015

Come, dove, quando e perché. 3) Come. Il brainstorm

Eccomi tornato dalle vacanze. Con la mente un po' più fresca, dopo aver avuto occasione di riflettere tanto, con serenità, su tutti gli aspetti di questo tentato espatrio.
In questo post butto giù tanti pensieri in disordine, per poi riordinarli un po' alla volta.

"Mettiamola cosi’: trasferirsi negli Stati Uniti e’ quasi impossibile. Ma quel QUASI e' come una scala appoggiata a un muro."

Scrive un mio amico qui. All'inizio della sua fatica, tre anni fa. E' stato bravissimo, ce l'ha fatta ed ora, un paio di giorni fa scrive
"I prossimi mesi potranno tingersi di verde".
Una grandissima gioia che condivido con piacere, che mi emoziona molto.

"E' difficilissimo, devi avere una marcia in più perché le compagnie americane decidano di sponsorizzare proprio te, invece di assumere un americano o qualcuno che ha già un permesso di lavoro"
E' il succo di molti commenti a uno dei post precedenti. Verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Ed è inutile prendersela con chi te la mostra, ché non dipende mica da chi ti vuol far vedere le cose come sono, anzi, è solo un aiuto.

Non è una cosa semplice pensare di trovare lavoro e stabilirsi negli USA. Non è come in Italia, dove puoi entrare come turista e, se trovi lavoro, rimanere ed ottenere facilmente un permesso di conseguenza.
Per lavorare negli Stati Uniti bisogna trovare uno sponsor, cioè un'azienda disposta a investire sul lavoratore. Quest'azienda deve convincere poi l'ufficio immigrazione che il lavoratore straniero scelto non è sostituibile da un americano, che è proprio necessario dare un permesso a questa persona altrimenti nessuno potrà assolvere alla mansione. E' per questo che quando, su tutti i siti, forum e blog di italiani in America, qualcuno scrive "vengo anche a fare il lavapiatti", gli viene risposto "legalmente non è possibile".

Che visto ci vuole per lavorare? 
Ci sono molti siti web che propongono l'elenco dei visti esistenti. Quello ufficiale ne mostra una serie, uno per ogni lettera dell'alfabeto. Probabilmente, l'unico che potrei ottenere, eventualmente, è il visto H1B. Queste sigle mi fanno pensare alla "casa che rende folli", delle 12 fatiche di Asterix. Solo che sarà molto più difficile.
Esistono altri visti, dedicati però a situazioni diverse dalla mia (quelli per chi lavora già per una compagnia americana in Italia, i visti per atleti, giornalisti, religiosi, per chi sposa un'americana...) niente, nessuno di questi fa per me.
Per potersi stabilire negli USA ci vuole la green card. Molto difficile che un'azienda si impegni per farla concedere a un lavoratore da assumere, lo farebbe per qualcuno che già lavora al suo interno.
L'alternativa è vincere la green card con la Diversity Visa Lottery. Finora ci ho provato solo due volte, non ho vinto. Si ritenta a ottobre. Una botta di culo così e il problema visti è risolto.

A che punto sono io per arrivarci?
Ho la laurea e qualche anno di esperienza come programmatore web. E a questo punto facciamoci qualche grassa risata. Perché questo possiamo definirlo "il minimo sindacale". Avendo già il permesso di lavoro probabilmente con questo potrei trovare un buon impiego. E' il minimo sindacale perché senza questo minimo posso aspirare solo a un paio di pedate.

Ma voglio incoraggiarmi
Allora, adesso mi permetto di fare il gradasso. La laurea l'ho conquistata lavorando, e il fatto di lavorare non è stato l'unico ostacolo (per chi se lo fosse perso ne parlo qui). A proposito, oggi mi sono iscritto per la sessione di laurea, il 27 ottobre a Torino, chi vuole può unirsi.
Dico sempre che non è nulla di speciale, che può farlo chiunque, e ci sono altre persone che lo fanno, ma ce ne sono molte altre che dicono che è impossibile (e rompono le scatole a chi ce la sta facendo, per parafrasare Einstein).
Ma sono uno scout. E gli scout imparano a dare un calcio all'impossibile. E' questa l'immagine che mi viene in mente quando qualcuno usa a sproposito questa parolaccia.

immagine presa dal web
E, ancora facendo riferimento alla mia vita scout, il motto che, in ogni lingua conoscono gli scout di tutto il mondo è "sii preparato". Per dare un calcio all'impossibile bisogna essere preparati.
Ho già ottenuto qualcosa che molti considerano impossibile. Non deve essere la semplice opinione di chi non ci crede a scoraggiarmi. Quella deve servire solo a farmi valutare correttamente la difficoltà della cosa, non a farmi rinunciare.

Un punto di forza
C'è un punto di forza, su cui posso fare leva. E' il settore lavorativo. Se non fossi un informatico non avrei come obiettivo gli Stati Uniti. Invece i programmatori sono molto richiesti. Basta cercare qualche informazione per scoprire che:
- La maggior parte dei visti lavorativi vengono richiesti per programmatori e analisti.
- Le aziende hanno tanta necessità di informatici da far pressione sul Congresso perché conceda un maggior numero di permessi.

Cosa posso fare
Quel che sto facendo, al momento, è vedere quali sono le aziende di informatica che sponsorizzano solitamente i visti lavorativi, sono quelle a cui bisogna puntare, capire cosa richiedono e cosa offrono.
Un vantaggio che posso acquisire sono le certificazioni internazionali dedicate ai programmatori, è un'altra cosa che sto valutando.
I passi successivi, poi, saranno il preparare un buon resume (da capire come va fatto, visto che c'entra relativamente poco col cv italiano), costruirmi un profilo pubblico come minimo presentabile. Il resto è in fase di elaborazione. Poco a poco, la strategia la devo costruire.

Lo so, con quello che scrivo potrei essere anche di aiuto a qualcuno che mi precederà. E non ci vedo nulla di male. Sarebbe ridicolo pensare che io mi stia dando la zappa sui piedi rendendo noti i passi che sto facendo per raggiungere l'obiettivo.  La logica del non aiutare il prossimo per non farsi superare è la prima cosa da abbandonare, il primo bagaglio da non portare via.

venerdì 4 settembre 2015

Il campeggio

Per me resta la vacanza più bella, più vera. In campeggio ci sono sempre andato volentieri, con tutto l'entusiasmo del mondo.
Raccontavo alla Tremendazza: "sai, quando ero piccolo come te, noi avevamo una roulotte e ci andavamo al mare"
E poi tanti anni in tenda con gli scouts.
Il campeggio è qualcosa di meraviglioso, a cui non rinunci facilmente.
Perché ha questo di bello da offrirti.



Un'immersione totale nella natura. Questo nessun albergo, nessuna città potra mai offrirtelo.
Abbiamo preso in affitto una roulotte, che si trovava già pronta a destinazione. Peccato non averne una, mi sarebbe anche piaciuto. Erano un'emozione tutti i preparativi per partire.
Agganciare la roulotte abbassando il ruotino, attaccare i cavi, provare le luci.
E poi arrivare, posizionarla, metterla in piano con due livelle (alzi la mano chi sa mettere in piano una roulotte).
Per ora, però, questo non ce l'abbiamo ancora. Ma ci sono state tante altre emozioni che abbiamo condiviso in questi giorni.
Eccola qui. Scusate il disordine...




Il bello del campeggio è il piacere di fare da sè. Di arrangiarsi senza le comodità di casa.
Cucinare su un fornelletto o su una cucinetta portatile. Prendere l'acqua con un bidone, andare a lavare i piatti col catino. Non solo mi piace, amo anche trovare le piccole strategie per organizzare tutto al meglio, come la scatoletta delle mentine che diventa un portasapone per saponette piccole.

Una cosa molto bella è stata questa: la Tremendazza ha scoperto che al bar del campeggio c'era un distributore automatico di giochi. Non ha chiesto soldi, si è offerta come lavapiatti per guadagnarseli. Che orgoglio, le avremo insegnato davvero qualcosa!
 E ha imparato davvero a lavare i piatti.




E quando, di questo arrangiarsi quotidiano ne fai uno stile di vita, capisci che in questo posto ti senti a casa.

Il campeggio con l'accesso diretto sulla spiaggia ci ha dato la grande opportunità di poter andare e venire a piacimento dal mare.






Un pezzetto di mare chiuso tra la costa toscana, il promontorio dell'Argentario e le isole. Giglio, Montecristo, Pianosa e l'Elba, e poi il promontorio di Piombino. Un po' come una grande piscina naturale. E molte di queste isole erano visibili dalla spiaggia.

In quest'ultima foto mi vedete in versione pascià mentre vi saluto dall'ombrellone/tenda.
Alla prossima...


martedì 1 settembre 2015

Come cambiare una gomma.

Le gomme dell'auto, si sa, ogni tanto si forano. Può capitare a chiunque, in qualunque momento. Ma, chissà come mai, a me capita sempre in vacanza. Forse perché è il momento in cui macino più km. 
Sono sempre rimasto sorpreso da quanta gente non sa cambiare una ruota, da quanti non l'hanno mai fatto. Eppure non è difficile, ci vorrebbe molto più tempo ad aspettare un aiuto che a fare da sé. Eccovi dunque una piccola guida illustrata per non farvi rovinare le vacanze da un incidente così insignificante. 
Si suppone che abbiate condotto con voi, nel vostro automezzo un cric, la chiave per smontare le ruote e la ruota di scorta.
Se avete con voi anche un paio di guanti eviterete financo di insozzarvi le dolci manine. 
Ecco a voi la vettura dopo il fattaccio. Se sentite lo sterzo duro, tentate di fermarvi appena ne avete l'occasione, se è solo una piccola foratura eviterete di dover buttare via la gomma. 


Prima di sollevare l'autoveicolo vanno mollati i bulloni, a meno che non vi piaccia fare un giro di giostra sulle ruote.


Se disponete di una leva (un tubo in cui infilare la chiave) potrete allungarla, facendo leva, e lavorare meno. Ma a me piace predicare bene e razzolare male, la onde per cui mi è toccato porre tutto il mio dolce peso sulla chiave per smontare le ruote. 


Ovviamente la tremendazza vorrà prestare la sua opera, dovrete stare attenti a che non si faccia male. 
Una volta mollati i bulloni, ponete un martinetto sotto la vettura. Di solito ci sono punti adatti per questo, bene indicati.


Quando il veicolo è sollevato, terminate di svitare, a mano, i bulloni. Se non li avete mollati prima, la ruota girerà mentre cercate di svitarla, e voi con essa. 


Indi potete porre la gomma di scorta in posizione e avvitarla senza stringere. Poi abbassetere il cric e, con l'aiuto della tremendazza, lo sfilerete da sotto il veicolo. Stringete a questo punto i bulloni. 


Appena possibile trovate un gommista in zona, il quale si premurerà, dietro lauto compenso, di riparare o sostituire la vostra ruota. 
Qualora, però, mentre egli si accinge a tale lavoro, si presenti alla sua offiicina una piacente fanciulla, sappiate che il gommista vi mollerà per servirla, costringendovi a un'ulteriore attesa.