martedì 27 gennaio 2015

Quello che voglio lasciare...

21 gennaio, ore 10.30 ah, direttamente nell'ufficio del prof.
Controlli automatici. Un esame infame. Il più difficile dei ventinove sostenuti finora.

Non che gli argomenti siano poi così difficili, è che studiare da soli su materiale scadente è un percorso a ostacoli.
Non è come quando si seguono le lezioni. Qui, per sapere cosa devi studiare per l'esame devi pregare il professore di risponderti alle mail.

Il programma è il suo libro. E il suo libro è una schifezza. Scritto veramente coi piedi. L'imbecille si inventa una simbologia tutta sua, facendosi beffe delle convenzioni. Non c'è un argomento che si capisca, che venga spiegato come si deve. Tutto quello che si dovrebbe imparare da qui va cercato da qualche altra parte. E il tempo è pochissimo.
Ma il bastardo ha il potere di imporre che il suo libro sia il programma d'esame. Meno male che c'è anche in biblioteca, così evito di regalargli dei soldi che non merita. Baronato universitario, così lo chiamano.

Mesi di studio.Ogni giorno. Un'ora di viaggio casa-lavoro e studio in pullman.
Ogni sera, per ore, finché non arriva il sonno. Con la figlia in braccio (qualche volta) perché giustamente non ci sta a veder sparire suo padre nella stanza ogni sera dopo averlo aspettato tutto il giorno.
In due, a distanza, a cercare insieme il materiale, a spiegarci tutto, a prepararci per questa prova. Che non sarebbe stata facile lo sapevo, a luglio ci avevo provato ad andare senza essere pronto. Mi aveva sbattuto fuori in malo modo. Ci sono rimasto male, non per la bocciatura, quella la meritavo, ma per la maleducazione. Quella no, non deve mai essere tollerata. Ma chi sono gli alunni per un professore universitario? Formiche da schiacciare?

Al solito, mezza giornata di viaggio, dalla sera prima. Pernottamento a Torino ed esame il giorno dopo. Ogni volta un salasso di energie e soldi. Ma ne vale la pena. L'ho scelto io, l'ho voluto con tutte le mie forze, ci sto investendo tanto. E le soddisfazioni ci sono. Una media quasi del 27, mica da buttare. Anche qui vado per avere un voto alto, non per tornare con la coda tra le gambe.

E la mattina dell'esame arriva. Entra prima lei, la mia compagna di studi. Incrocio le dita, lei si sente preparata "a macchia di leopardo", come dice, le mancano dei pezzi, ma può farcela.
Quasi un'ora dentro. Poi esce col pollice alzato. E' andata. Ci speravo, e so che posso farcela anche io.
Si comincia bene, un po' di domande senza intoppi, me la cavo (eccheccazzo, mi sono preparato, no?)
Poi arriva il primo errore. L'unico. Ma non mi dà il tempo di riguardare, pensarci e correggere.
"Basta, le do 18 perché sono stufo di fare questi esami".
Più chiaro di così: quelli dei corsi a distanza gli stanno sulle palle. Quella era la sua intenzione. Un 18 al primo errore per non ritrovarci ancora davanti.

Pochi minuti dopo decido di rifare l'esercizio e trovo l'errore. E scopro che, su tre che eravamo a fare l'esame, tutti e tre siamo stati trattati nello stesso identico modo. Sbattuti fuori al primo errore con 18, chi prima, chi dopo, chi con più domande, chi con meno della metà.

Sono furioso. Se vogliamo mi è anche andata bene, su quasi trenta esami ho avuto pochi voti bassi e questo è forse l'unico immeritato. Ma non per questo lo schifo si deve tollerare. Penso con invidia a quello che mi raccontano da oltre oceano, mi dicono che i professori americani sono soggetti a valutazioni anonime da parte degli alunni.
E mi disgusta ogni giorno di più la mancanza di meritocrazia di questo paese, che non ho mai sentito mio e a cui non voglio più appartenere.
Sarebbe giusto poter denunciare, ma è una battaglia persa in partenza, quella per ottenere giustizia in questo paese di merda. I professori sono una categoria protetta, quelli universitari più di tutti. Ed episodi come questo sono tra i meno gravi, vengono minimizzati. Io non minimizzo. Non tollero. Non perdono.

Possiamo anche dire che un professore scadente, che dovrebbe essere mandato via a calci in culo, uno solo (forse) nel corso, si può trovare ovunque. Poi mi ricordo che per me tutto il percorso scolastico è stato simile.
Una maestra delle elementari che ti faceva mettere in fila a prendere schiaffi e bacchettate, professori delle superiori che erano lì a rubare lo stipendio, che disprezzo come persone, ancora prima che come insegnanti, e che non dimentico a distanza di tanti anni, per quanto schifo mi hanno lasciato dentro. Sarebbe stato giusto sottoporli a valutazioni da parte degli alunni, ne sarebbero rimasti davvero pochi. E sarebbero stati sostituiti da ragazzi volenterosi, quelli che sono rimasti precari a vita perché i fannulloni erano arrivati prima e avevano occupato tutti i posti.
Se non ho voluto fare l'università a 19 anni è perché ero rimasto troppo disgustato della scuola.

Ecco, ogni tanto è il caso di ricordare che ho scelto di scrivere questo blog proprio per valutare l'idea, ormai sempre più vicina, di andare via dall'Italia subito dopo la laurea. Per chiedere consigli e confronti sugli altri paesi. Per me è quasi finita, ma per mia figlia comincia l'anno prossimo, e non ci penso lontanamente a farla crescere in Italia.
No, non credo che da altre parti sia tutto rose e fiori. Ma nella scuola italiana ci sono stato per tanti di quegli anni, e salvo pochi insegnanti, pochi davvero.
Addio Italia, al più presto...



6 commenti :

  1. Complimenti! Anche se non è andata come te la aspettavi,ce l'hai fatta! Pensa che manca meno e che ci riuscirai tra poco a finire l'università.

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    1. Grazie carissima. Non smetto mai di pensare che in ogni momento, anche i più difficili, ci sei sempre. Un bacione.

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  2. L'Italia è uno dei pochi paesi al mondo in cui converrebbe pure comprare gli F-35 piuttosto che aumentare i fondi a gentaglia come questa. Ho passato le pene dell'inferno per colpa di costoro e non erano la minoranza ma i 3/4 buoni dei docenti del Politecnico dei miei tempi. Bravissimo Luciano!!!

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    1. Non so se mi è andata meglio perché quasi tutti gli esami erano solo scritti e c'erano sempre gli assistenti a occuparsi di tutto. Professori ne ho conosciuti pochi. Troppo buono tu.

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  3. E allora daje. Stringi i denti, ingoia i 18 che dall'altra parte del mondo manco sanno che so'.

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    1. Stamattina m'hai fatto proprio ridere. In romanesco suona benissimo. Avrei potuto rispondere così al prof. 😄

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