domenica 1 febbraio 2015

...e quello che non voglio perdere



Qualcuno ha notato che il post precedente finiva con i puntini di sospensione?
E' perché quella era la prima parte e questa la seconda. Due piatti della bilancia, su cui è molto difficile mettere i pesi giusti.
Pochi giorni fa, dicendo più parolacce che in tutto il resto del blog, e con tanta rabbia, ho parlato di una delle mie tante esperienze negative con la scuola italiana. E adesso qui vengono quelle positive.
Ne voglio parlare non solo per essere onesto e dare a Cesare quel che è di Cesare, ma perché nella scelta di espatriare il fatto di avere una figlia che tra pochi mesi comincerà la scuola elementare è tra gli aspetti più importanti.

Quali e quante sono le cose da valutare in un sistema scolastico?

Sicuramente per prima cosa gli insegnanti. Credo che siano quasi tutto ciò che conta. Dei bravi insegnanti riescono a formare degli ottimi alunni anche in una scuola che cade a pezzi, mentre i fannulloni possono avere a disposizione le migliori risorse e sarà sempre uno spreco. O almeno, questa è l'idea che mi sono fatto. E posso dire di conoscere molto bene maestri e professori, come lavorano, come si organizzano, cosa si inventano per poter lavorare bene, visto che i miei genitori lo erano e i miei nonni anche.
E' stata mia nonna ad insegnarmi a leggere e scrivere, molto prima di cominciare la scuola. Finché non ho cominciato a lavorare io non ho conosciuto altra realtà che quella della scuola.

I programmi di studio, le materie sono un altro aspetto importante. Programmi e materie adeguati al mondo del lavoro che si deve affrontare rendono utile tutto il lavoro che si fa, piacevole l'esperienza, mentre studiare con la consapevolezza che quello che si sta imparando non servirà mai a nulla è frustrante. Allo stesso tempo, però, siamo esseri umani, non macchine che servono solo a lavorare. Se vogliamo dare un valore a ciò che Dante ci lascia in eredità:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza
allora possiamo anche pensare che la scuola debba darci non solo lo stretto necessario per lavorare, ma arricchirci, renderci persone migliori. Il voler dare però una cultura generale a tutti non deve portare all'eccesso italiano di non insegnare a nessuno il proprio futuro lavoro.

Altri aspetti da valutare non me ne vengono in mente. Le attrezzature a disposizione, l'uso di strumenti moderni possono essere importanti, ma fanno davvero la differenza? E' davvero così determinante scrivere su un quaderno o su un tablet? I bambini sanno usare lo smartphone, il tablet e il pc di mamma e papà a 3 anni. Imparare anche a scrivere con la penna non è mica sbagliato.

Un mio fortissimo desiderio, da quando ho deciso di avere una figlia, è che la sua esperienza scolastica sia completamente diversa dalla mia.
Io ho odiato tantissimo la scuola, per tutto il tempo in cui ci sono stato. Odiavo la mia maestra, impositiva e violenta. I miei professori delle superiori, in gran parte, erano così inqualificabili nei loro comportamenti, che ne desideravo la morte. E solo dopo tanti anni mi sono deciso a cominciare l'università, per scoprire, comunque, che non è cambiato nulla nemmeno adesso.

O meglio, non è cambiato nulla per me. Per la Tremendazza invece l'inizio è stato una favola meravigliosa.
D'accordo, parliamo dell'asilo. Non è ancora una scuola vera e propria, ma della scuola ha già molto. Maestre, compagni, regole, anche se si tratta di giocare tutto il giorno.
E come ogni genitore ho avuto qualche timore quando per lei è arrivato il momento di cominciare. Eravamo a Lucca da pochi mesi, sapevamo a stento dove si trovavano le scuole e non avevamo nessuno a cui chiedere opinioni sugli asili della zona. Uno dei due possibili a un passo dal parco giochi. Ma tra i genitori dei bambini che lo frequentavano, nessuno ci sapeva dire nulla. O avevano figli troppo piccoli o venivano da altri quartieri, nessuno si sbilanciava.

Ci siamo decisi, scegliendo l'asilo per l'ubicazione e senza conoscere le maestre. All'inizio l'abbiamo mandata solo per le 4 ore della mattina, sperando che ci si trovasse bene.

L'inserimento è andato così: il primo giorno l'abbiamo accompagnata insieme, molto presto perché poi io dovevo partire per il lavoro. Siamo arrivati per primi. La Tremendazza si guarda intorno e chiede alla maestra: "non c'è bimbi?", già impaziente di giocare coi suoi coetanei. Pochi minuti e devo scappare via. Lei non ci fa caso. La mamma si ferma mezz'ora, finché la Tremendazza, desiderosa di continuare a fare monellerie in piena libertà senza controllo le impone "mamma, va via". Fine del periodo di inserimento.

Tempo pochi mesi e siamo passati al lasciarla lì a pranzo, poi anche il pomeriggio.

Da allora e per questi tre anni che stanno finendo non ho fatto altro che ringraziare le maestre per il loro lavoro, con tanta commozione. Sono state eccezionali. Eccezionali è dire poco, ma le parole non mi bastano. Un rapporto splendido con i bambini. Sono riuscite a mettere insieme 20 pargoletti di almeno 10 nazionalità diverse. Magari a 3 anni non sanno nemmeno cosa vuol dire arrivare da ogni parte del mondo, ma non tutti i genitori parlano italiano.
I bambini escono dalla scuola e vogliono stare ancora insieme nel parco giochi. Si invitano alle feste e si vogliono un gran bene.

Si vede la differenza tra quando lei va a scuola e quando manca. Le bastano pochi giorni di assenza per diventare più capricciosa. E vuole andarci. Se si ammala e deve mancare piange. E noi ci chiediamo "ma da chi ha preso? I bambini non fanno finta di essere malati per non andare a scuola?"
Di questo asilo posso dire che è un'eccellenza italiana. Non è famosa come le università migliori, ma lo meriterebbe.

Tra pochi mesi l'asilo finisce e comincia la scuola elementare. Nello stesso edificio, al piano di sopra. Le maestre della scuola elementare sono passate nella classe dell'asilo a trovare i bambini e li hanno portati di sopra a vedere la scuola.

Poi è stato organizzato l'open day. I genitori hanno visitato la scuola elementare ed hanno avuto occasione di parlare con una delle maestre che avrà la prima l'anno prossimo. A noi è sembrata una persona dolcissima, ci ha dato un'ottima impressione. Dopo qualche giorno un incontro con le maestre e con la direttrice. Una presentazione completa del programma, dei metodi, domande da parte dei genitori ecc.

- Otto ore al giorno a scuola già a 6 anni. Ma non sono troppe?
- In prima e in seconda solo le prime 2 ore sono di lezione vera e propria, poi mezz'ora di intervallo, altre attività più "leggere" (disegno e simili), poi a pranzo e ancora un'ora e mezza di gioco libero, e l'ultima ora e mezza di lezione. Compiti a casa solo per il fine settimana in prima e seconda.

Così spaventa molto meno. Ci sta già tutto quel tempo a scuola. Certo, il rito del pranzo a casa è andato a farsi benedire. E io che speravo, e spero ancora, di poter reintrodurre il pranzo come momento della famiglia. Ma mi sa che a mia figlia gliene frega già poco.

Poi alcuni genitori fanno polemica sull'inserimento dei bambini stranieri. Quanti ce ne sono? E la direttrice risponde che chi vuole dei dati può scriverle, ma al momento non sa dirglielo. Li tranquillizza sul fatto che spesso arrivano a scuola già alfabetizzati, conoscono l'italiano bene e non rallentano l'apprendimento. Che ci sono ore dedicate a chi si inserisce arrivando dall'estero o che ha bisogno di supporto.

E io chiedo come si regolano, sapendo che in un'altra scuola avevano fatto una segregazione assurda: una classe di lucchesi ed una di non lucchesi: altri italiani, stranieri, rom, tutti concentrati in una classe sola. No, lì distribuiscono gli alunni in modo da non creare nulla del genere. "Mi importava molto che non si perdesse la ricchezza che comporta avere delle classi eterogenee" commento. Quattro genitori in quel momento si alzano e se ne vanno. Non so se perché è tardi o se scandalizzati dal mio commento. E poi la direttrice mi spiega che nell'altra scuola, per quanto ne sa lei, c'è stata una forte pressione da parte dei genitori perché si dividessero le classi in quel modo.

Classi piccole, lavori manuali, molte ore a disposizione per imparare a ritmi tranquilli, la scuola di mia figlia ci ha conquistati tutti e tre.

E qui mi chiedo. Quanto ci resterà? Un anno? Due? Tutti e cinque? Mica lo so.

Andare via dall'Italia non è solo un desiderio per me. Temo che sia necessario. Qui, per quanto qualcuno voglia farci credere che arriverà la ripresa, sono convintissimo che il peggio debba ancora arrivare, che il grosso della crisi economica sarà quello che vedremo nei prossimi anni. E che restare qui sia sempre più una follia, specialmente per chi ha figli.

E le perplessità sono forti. Continuità didattica italiana contro il sistema americano che prevede il cambio di insegnanti e compagni di classe ogni anno. L'ho sempre trovato assurdo, mi viene difficile pensare il contrario. "Continuità didattica" è la parola che a casa mia si sentiva spesso, come una necessità importante. In nome di cosa si dovrebbero rimescolare le classi e cambiare maestre? Mica mi convince questa storia.

E dall'altro lato penso che il grosso male dell'Italia sia la resistenza al cambiamento. Un Paese che sta affondando perché ha rifiutato l'innovazione ogni volta che ha potuto. E che continua a farlo spesso. E forse questa resistenza al cambiamento comincia già da piccoli, abituando i bambini a non cambiare mai nulla. Un passaggio "ammorbidito" anche da un grado scolastico a un altro è davvero positivo. Prima o poi, da piccoli o da grandi, ci si trova a dover cambiare completamente ambiente, a ricominciare tutto da zero. Non è traumatico se si comincia da grandi?
E' possibile non perdere la bellezza di quello che abbiamo oggi anche cambiando Paese?

4 commenti :

  1. Concordo con Giulietta. Non credo esista un sistema scolastico perfetto o migliore rispetto ad un altro. Ciò che fa la differenza sono le insegnanti, la loro passione e la loro voglia di insegnare. I miei figli sono ancora piccoli: Tommaso fa il grade 1 mentre Riccardo il transition. Hanno sempre seguito il sistema inglese. Ma dal prossimo anno approderanno a quello americano. Vedremo come andrà, come si troveranno... Speriamo incontrino degli insegnanti motivati e capaci!
    drusilla

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    1. Mi state incoraggiando molto. Non voglio sottovalutare i problemi che nasceranno, perché ci saranno comunque al momento del cambio, ma sono meno spaventato.Grazie a tutte.

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  2. quanto mi piace tremendezza....Luciano io avevo tanti dubbi....poi siamo finiti alla the english school solo perchè era no profit e ritenuta la migliore. Non ho ancora capito com'è il sistema inglese. Per ora mi piace un sacco. Il mio consiglio è che poi chè ora sta bene, falla continuare così..vedrai quando vi trasferirete affronterete pure questa e come dice Renata...vale molto la fortuna! un abbraccio

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    1. Ho forse troppo l'abitudine di fasciarmi la testa prima di essermela rotta. Affrontare i problemi quando si presentano e non prima è una cosa da imparare. Però è vero che non avendo avuto una buona esperienza scolastica né io né mia moglie è difficile pensare a come fare perché quella di nostra figlia sia felice.
      Infatti la realtà ha superato le aspettative. Siamo partiti con diffidenza e prudenza e ora siamo ogni giorno più contenti.

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