giovedì 26 febbraio 2015

Profondo

Ore 23:09
una manciata di ore all'esame. Sto ancora studiando.
Ma questo esame, bene o male, andrà. Lo sto dicendo da giorni, questo esame è una puttanata. Un esame-riposo.

Silenzio. Tanto. Questa è una zona tranquilla. Niente rumori.

Leggo una bella storia, di un'amica che racconta del suo primo bacio a 14 anni. Bello davvero, di quelle storie che scaldano il cuore. E che a volte, tante volte, mi riempiono di malinconia.
Quanto vorrei avere dei ricordi così belli di quell'età. Quanto vuoto invece mi resta dentro.

Quanto ho dovuto faticare per avere una vita normale? Non ci sono mai riuscito, nemmeno adesso. Neanche oggi ho una vita normale. Oggi ho una vita più bella di tanti altri.
Ma non sono stato io, lo giuro, non è colpa mia, non l'ho mai cercato tutto questo. E' solo che quando per conquistare quello che forse, e dico solo forse, a tanti altri è stato facile, devi passare le pene dell'inferno, poi, quando ce la fai, non ti accontenti, non ti fai bastare più nulla. Non ti fermi più.

Ci ho messo non meno di trent'anni a capire perché le ragazze mi rifiutavano sempre. E' che quando invece di essere sicuro di te hai paura anche della tua ombra non attiri proprio nessuno. E non è la strada giusta per farsi accettare, per farsi amare.
Ma quando questo è quello che ti hanno insegnato e ancora non conosci altro, ci puoi fare poco.
Quante mattine sono stato svegliato dalle bestemmie urlate di mio padre? Quante botte ho preso?

Quante notti ho passato sul balcone del quarto piano, davanti a un cielo stellato meraviglioso, a guardare di sotto, dicendomi "ora lo faccio, mi butto giù". Non ne ho mai avuto il coraggio. E' solo per questo che ora sono qui a scrivere.

Quanti pomeriggi, paralizzato, senza riuscire a parlare, sentendo che stavo tenendo la lucidità coi denti?

Ce l'ho fatta, dopo, col tempo, a ricominciare da zero, a costruire tanto di buono. E ho avuto la fortuna immensa di trovare una moglie stupenda.
Normale non lo sarò mai. Ma, lo giuro, non è colpa mia. E' che quando una parte della tua vita, che per molti è la migliore, ti manca, resti sempre con un vuoto dentro che non si riempie mai.

domenica 22 febbraio 2015

A dieta


Dopo lungo tempo torno ad affacciarmi alla blogosfera.
In codesto periodo lo studio matto e disperatissimo non mi lascia spazio per concedermi codesto piacere. Decido però di fare un salto veloce per raccontare le vicende del momento.

Da diversi anni tentavo di dire alla mia prominente panza di scendere di livello, ma, ahimè, giammai essa volle darmi ascolto. Mi trovai dunque nella necessità di affrontarla con mezzi più adeguati.
Venne dunque il giorno di recarmi da una nutrizionista che potesse consigliarmi per il meglio in tal senso.

A lei chiesi lumi sul miglior modo di far scendere i kilozzi di troppo senza rinunciare alle gioie della vita.
"Non mi si tolgano i piaceri della carne", dissi, "Ché per me scannare un vitello o sradicare una carota ha l'istesso valore". Mi ciberò d'ogni alimento vegetale o animale che esso sia.

"Dieta zona, ordunque?", disse colei che mi guida nel cammino.
"Poffare, cos'è codesta diavoleria?" chiesi. Giammai le proteine abbiano il sopravvento. La vita è di per sé amara e tocca addolcirla. Che i carboidrati abbiano la meglio.
Mi misi così a studiare per capire quale dovesse essere lo stile di vita da adottare.

Scoprii che la dieta mediterranea (patrimonio Unesco) è quanto desidero. Quella vera, da non confondersi con la mia abitudine precedente. Essa confina ad una volta ogni 7 giorni le carni rosse, che si vocifera non siano esattamente salutari, in favore di pesce e carni bianche. La stessa sorte, ahimè, tocca ai dolci, che ero abituato a manducare con frequenza quasi quotidiana.
Mi fu ridotta la quota di pane e pasta. "Chi è causa del suo mal pianga se stesso", dissi, "me la sono voluta". Ma il sacrifizio non fu poi estremo.

Mi toccò placare i morsi della fame cominciando a nutrirmi anche di verdure et ortaggi.
"Che sono mai codeste proposte? Davvero l'erba s'ha da mangiare?"
"Orbene sì, che d'ora innanzi anche i prodotti della terra siano ammessi al tuo desco. Tuttavia avrai facoltà di scegliere quelli che più t'aggradano, mescolarli e cucinarli come a te meglio sembri".
Per me fu motivo di gioia immensa, dato che, avendo da sempre ripudiato minestroni e sformati varie, mi si desse licenza di mangiar verdura cruda e quella che mi garba e potendola considerare dell'istesso valore.

Ma la ragione per cui mi recavo da costei è anche un'altra. Apprendere i segreti del mangiar sano. Ché per me, nella mia magna ignoranza, non esisteva differenza tra verdure, legumi, patate et simili.
"Non è difficile", m'insegnò con pazienza. "Non hai che da considerare ogni alimento come parte di una sola categoria: proteine, zuccheri e grassi. Seguendo codeste tabelle potrai operare sostituzioni con un minimo di buon senso"
Ancora una volta il mio stupore si fece grande. In un attimo ella mi avea illuminato.
"Componi il tuo pasto di quattro portate", disse. "Un primo, un secondo, un contorno e frutta. Codeste che ti do siano le dosi di ciascun alimento."

Un mese dopo, mi presentai al suo cospetto con due chili in meno. "Bene", disse, "ancora 3-4 chili e ci siamo". Et anco la mogliettina, mirandomi, mi chiede dove nascosi la trippa perduta.

Continua...

sabato 7 febbraio 2015

Si fa sul serio

Si vede tanto che sono in piena sessione di esami?
Adesso va così. Il tempo stringe e bisogna fare sempre di più, sempre più in fretta. La figlia non ci sta, si è rotta giustamente le scatole di essere trascurata. Bisogna inventarsi qualcosa.
Allora, vediamo, in un giorno ci sono solo 24 ore, il tempo del viaggio casa-lavoro per studiare qualcosa ci sta, ma non si riesce a fare esercizi. La sera, se aspetto che la figlia chiuda gli occhietti per cominciare ad aprire i quaderni si fa troppo tardi. La mattina si parte alle 6.30 per andare al lavoro, mumble mumble...
C'è poco da fare. Da qualche giorno, sveglia alle 5, studio matto e disperatissimo e oggi, sabato, mi sto concedendo un piccolo spazio blog. Per poi tornare al suddetto studio.

Intanto sono quasi sparito dalla rete. Dai social e dai blog altrui. Anche qui posso concedermi poco tempo, poco davvero.
E scopro di aver trascurato qualcuno, più di una persona, che non sta passando il momento più felice della sua vita.
Anzi, pare che quest'anno sia cominciato male per molti.
Mi dispiace di essere assente in questo momento, sto cercando delle parole buone per tutti e un attimo di tempo per scriverle.
Troppe volte ci facciamo l'idea che esistano persone forti, che non crollano mai, che sono sempre capaci di dare aiuto e non ne hanno mai bisogno. E sappiamo che non è così. Che anche i campioni del bicchiere mezzo pieno hanno dei momenti in cui tocca a loro lasciarsi andare ed essere tirati su.
Una cosa che posso dire a tutti, e che vale anche per me, perché anche io sono un po' in difficoltà adesso, è: un po' di pazienza, l'anno è appena cominciato. Diamogli il tempo di portare qualcosa di meglio.
Vi rimando tutti a questo post scritto poco prima che l'anno iniziasse, in attesa di poter scrivere qualcosa di più bello. Ne approfitto per ringraziare tutti i lettori che puntualmente, ogni settimana, si sintonizzano a vedere se c'è qualcosa di nuovo.



domenica 1 febbraio 2015

...e quello che non voglio perdere



Qualcuno ha notato che il post precedente finiva con i puntini di sospensione?
E' perché quella era la prima parte e questa la seconda. Due piatti della bilancia, su cui è molto difficile mettere i pesi giusti.
Pochi giorni fa, dicendo più parolacce che in tutto il resto del blog, e con tanta rabbia, ho parlato di una delle mie tante esperienze negative con la scuola italiana. E adesso qui vengono quelle positive.
Ne voglio parlare non solo per essere onesto e dare a Cesare quel che è di Cesare, ma perché nella scelta di espatriare il fatto di avere una figlia che tra pochi mesi comincerà la scuola elementare è tra gli aspetti più importanti.

Quali e quante sono le cose da valutare in un sistema scolastico?

Sicuramente per prima cosa gli insegnanti. Credo che siano quasi tutto ciò che conta. Dei bravi insegnanti riescono a formare degli ottimi alunni anche in una scuola che cade a pezzi, mentre i fannulloni possono avere a disposizione le migliori risorse e sarà sempre uno spreco. O almeno, questa è l'idea che mi sono fatto. E posso dire di conoscere molto bene maestri e professori, come lavorano, come si organizzano, cosa si inventano per poter lavorare bene, visto che i miei genitori lo erano e i miei nonni anche.
E' stata mia nonna ad insegnarmi a leggere e scrivere, molto prima di cominciare la scuola. Finché non ho cominciato a lavorare io non ho conosciuto altra realtà che quella della scuola.

I programmi di studio, le materie sono un altro aspetto importante. Programmi e materie adeguati al mondo del lavoro che si deve affrontare rendono utile tutto il lavoro che si fa, piacevole l'esperienza, mentre studiare con la consapevolezza che quello che si sta imparando non servirà mai a nulla è frustrante. Allo stesso tempo, però, siamo esseri umani, non macchine che servono solo a lavorare. Se vogliamo dare un valore a ciò che Dante ci lascia in eredità:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza
allora possiamo anche pensare che la scuola debba darci non solo lo stretto necessario per lavorare, ma arricchirci, renderci persone migliori. Il voler dare però una cultura generale a tutti non deve portare all'eccesso italiano di non insegnare a nessuno il proprio futuro lavoro.

Altri aspetti da valutare non me ne vengono in mente. Le attrezzature a disposizione, l'uso di strumenti moderni possono essere importanti, ma fanno davvero la differenza? E' davvero così determinante scrivere su un quaderno o su un tablet? I bambini sanno usare lo smartphone, il tablet e il pc di mamma e papà a 3 anni. Imparare anche a scrivere con la penna non è mica sbagliato.

Un mio fortissimo desiderio, da quando ho deciso di avere una figlia, è che la sua esperienza scolastica sia completamente diversa dalla mia.
Io ho odiato tantissimo la scuola, per tutto il tempo in cui ci sono stato. Odiavo la mia maestra, impositiva e violenta. I miei professori delle superiori, in gran parte, erano così inqualificabili nei loro comportamenti, che ne desideravo la morte. E solo dopo tanti anni mi sono deciso a cominciare l'università, per scoprire, comunque, che non è cambiato nulla nemmeno adesso.

O meglio, non è cambiato nulla per me. Per la Tremendazza invece l'inizio è stato una favola meravigliosa.
D'accordo, parliamo dell'asilo. Non è ancora una scuola vera e propria, ma della scuola ha già molto. Maestre, compagni, regole, anche se si tratta di giocare tutto il giorno.
E come ogni genitore ho avuto qualche timore quando per lei è arrivato il momento di cominciare. Eravamo a Lucca da pochi mesi, sapevamo a stento dove si trovavano le scuole e non avevamo nessuno a cui chiedere opinioni sugli asili della zona. Uno dei due possibili a un passo dal parco giochi. Ma tra i genitori dei bambini che lo frequentavano, nessuno ci sapeva dire nulla. O avevano figli troppo piccoli o venivano da altri quartieri, nessuno si sbilanciava.

Ci siamo decisi, scegliendo l'asilo per l'ubicazione e senza conoscere le maestre. All'inizio l'abbiamo mandata solo per le 4 ore della mattina, sperando che ci si trovasse bene.

L'inserimento è andato così: il primo giorno l'abbiamo accompagnata insieme, molto presto perché poi io dovevo partire per il lavoro. Siamo arrivati per primi. La Tremendazza si guarda intorno e chiede alla maestra: "non c'è bimbi?", già impaziente di giocare coi suoi coetanei. Pochi minuti e devo scappare via. Lei non ci fa caso. La mamma si ferma mezz'ora, finché la Tremendazza, desiderosa di continuare a fare monellerie in piena libertà senza controllo le impone "mamma, va via". Fine del periodo di inserimento.

Tempo pochi mesi e siamo passati al lasciarla lì a pranzo, poi anche il pomeriggio.

Da allora e per questi tre anni che stanno finendo non ho fatto altro che ringraziare le maestre per il loro lavoro, con tanta commozione. Sono state eccezionali. Eccezionali è dire poco, ma le parole non mi bastano. Un rapporto splendido con i bambini. Sono riuscite a mettere insieme 20 pargoletti di almeno 10 nazionalità diverse. Magari a 3 anni non sanno nemmeno cosa vuol dire arrivare da ogni parte del mondo, ma non tutti i genitori parlano italiano.
I bambini escono dalla scuola e vogliono stare ancora insieme nel parco giochi. Si invitano alle feste e si vogliono un gran bene.

Si vede la differenza tra quando lei va a scuola e quando manca. Le bastano pochi giorni di assenza per diventare più capricciosa. E vuole andarci. Se si ammala e deve mancare piange. E noi ci chiediamo "ma da chi ha preso? I bambini non fanno finta di essere malati per non andare a scuola?"
Di questo asilo posso dire che è un'eccellenza italiana. Non è famosa come le università migliori, ma lo meriterebbe.

Tra pochi mesi l'asilo finisce e comincia la scuola elementare. Nello stesso edificio, al piano di sopra. Le maestre della scuola elementare sono passate nella classe dell'asilo a trovare i bambini e li hanno portati di sopra a vedere la scuola.

Poi è stato organizzato l'open day. I genitori hanno visitato la scuola elementare ed hanno avuto occasione di parlare con una delle maestre che avrà la prima l'anno prossimo. A noi è sembrata una persona dolcissima, ci ha dato un'ottima impressione. Dopo qualche giorno un incontro con le maestre e con la direttrice. Una presentazione completa del programma, dei metodi, domande da parte dei genitori ecc.

- Otto ore al giorno a scuola già a 6 anni. Ma non sono troppe?
- In prima e in seconda solo le prime 2 ore sono di lezione vera e propria, poi mezz'ora di intervallo, altre attività più "leggere" (disegno e simili), poi a pranzo e ancora un'ora e mezza di gioco libero, e l'ultima ora e mezza di lezione. Compiti a casa solo per il fine settimana in prima e seconda.

Così spaventa molto meno. Ci sta già tutto quel tempo a scuola. Certo, il rito del pranzo a casa è andato a farsi benedire. E io che speravo, e spero ancora, di poter reintrodurre il pranzo come momento della famiglia. Ma mi sa che a mia figlia gliene frega già poco.

Poi alcuni genitori fanno polemica sull'inserimento dei bambini stranieri. Quanti ce ne sono? E la direttrice risponde che chi vuole dei dati può scriverle, ma al momento non sa dirglielo. Li tranquillizza sul fatto che spesso arrivano a scuola già alfabetizzati, conoscono l'italiano bene e non rallentano l'apprendimento. Che ci sono ore dedicate a chi si inserisce arrivando dall'estero o che ha bisogno di supporto.

E io chiedo come si regolano, sapendo che in un'altra scuola avevano fatto una segregazione assurda: una classe di lucchesi ed una di non lucchesi: altri italiani, stranieri, rom, tutti concentrati in una classe sola. No, lì distribuiscono gli alunni in modo da non creare nulla del genere. "Mi importava molto che non si perdesse la ricchezza che comporta avere delle classi eterogenee" commento. Quattro genitori in quel momento si alzano e se ne vanno. Non so se perché è tardi o se scandalizzati dal mio commento. E poi la direttrice mi spiega che nell'altra scuola, per quanto ne sa lei, c'è stata una forte pressione da parte dei genitori perché si dividessero le classi in quel modo.

Classi piccole, lavori manuali, molte ore a disposizione per imparare a ritmi tranquilli, la scuola di mia figlia ci ha conquistati tutti e tre.

E qui mi chiedo. Quanto ci resterà? Un anno? Due? Tutti e cinque? Mica lo so.

Andare via dall'Italia non è solo un desiderio per me. Temo che sia necessario. Qui, per quanto qualcuno voglia farci credere che arriverà la ripresa, sono convintissimo che il peggio debba ancora arrivare, che il grosso della crisi economica sarà quello che vedremo nei prossimi anni. E che restare qui sia sempre più una follia, specialmente per chi ha figli.

E le perplessità sono forti. Continuità didattica italiana contro il sistema americano che prevede il cambio di insegnanti e compagni di classe ogni anno. L'ho sempre trovato assurdo, mi viene difficile pensare il contrario. "Continuità didattica" è la parola che a casa mia si sentiva spesso, come una necessità importante. In nome di cosa si dovrebbero rimescolare le classi e cambiare maestre? Mica mi convince questa storia.

E dall'altro lato penso che il grosso male dell'Italia sia la resistenza al cambiamento. Un Paese che sta affondando perché ha rifiutato l'innovazione ogni volta che ha potuto. E che continua a farlo spesso. E forse questa resistenza al cambiamento comincia già da piccoli, abituando i bambini a non cambiare mai nulla. Un passaggio "ammorbidito" anche da un grado scolastico a un altro è davvero positivo. Prima o poi, da piccoli o da grandi, ci si trova a dover cambiare completamente ambiente, a ricominciare tutto da zero. Non è traumatico se si comincia da grandi?
E' possibile non perdere la bellezza di quello che abbiamo oggi anche cambiando Paese?