domenica 26 aprile 2015

Domenica

Continuiamo con la sezione dei post "impopolari", quelli che sollevano polveroni, litigi e tirano fuori il peggio di noi.
Avevo questo post in bozza da un po', ora però ho deciso di riscriverlo, come sempre succede quando si riprende qualcosa di già cominciato.
Ieri, 25 aprile, giorno festivo, sono andato a fare la spesa. E il supermercato era pieno.
Qualche anno fa non avrei potuto, avrei dovuto aspettare il lunedì successivo per poter comprare quel che mi mancava, o muovermi prima, ché fino a non molto tempo fa i supermercati erano chiusi di domenica e nei festivi.

Peggio, quando vivevo a Cremona, per me fare la spesa era praticamente impossibile. Uscivo dal lavoro e i supermercati chiudevano. Potevo andarci solo di sabato. E durante la settimana ero fregato.

In Messico abitavo in una città grande, ma forse non dipendeva neanche da questo. Non esisteva chiusura settimanale. Addirittura, visto che la farmacia ha il ruolo del piccolo supermercato e vende anche alimentari, avendo vicino una farmacia aperta 24 h, sarei potuto andare a comprare il prosciutto alle 3 di notte. Non l'ho mai fatto, ma qualche volta, qualcosa alle 11 di sera, uscendo dal lavoro, sono passato a prenderla.

In Italia, mi sarebbe piaciuto ritrovare questo. Ma, ahimè, nulla da fare. Dieci anni dopo sono cominciate le aperture domenicali, con tantissime proteste e numerosi boicottaggi. E io, da cliente, sono qui a chiedermi perché.

Perché non dare un servizio richiesto, che verrebbe pagato dai clienti?
Siamo abituati, e quando dico "abituati", lo potrei scrivere forte, con le maiuscole: ABITUATI, attaccati come le cozze, a una cultura ormai scomparsa. Quella che voleva le famiglie in cui lui andava fuori a lavorare e lei faceva la casalinga, e quindi andava a fare la spesa tutte le mattine (o anche il pomeriggio), ma in un orario che per altri era lavorativo.

E l'orario lavorativo doveva essere uguale per tutti. E tutti la domenica in giro per il centro o a vedere la partita di pallone.
La domenica tutti a messa e lavorare è peccato, che nostro Signore si riposò il settimo giorno (e chi l'ha detto che il settimo giorno era domenica? Anzi, per gli ebrei era sabato).

E poi, a pensarci bene, per qualcuno non è mai stato così. Che se l'autista non guidava l'autobus a messa non ci andavi. Che se il gelataio e il pizzaiolo non lavoravano proprio la domenica il giretto in centro non era la stessa cosa. Che il giornalaio, quello no, non deve riposare, sennò come fa ad arrivarmi il corriere o la gazzetta da leggere al mattino, mentre mi godo la mia giornata di riposo?
E dovevano funzionare anche la polizia, i pompieri. E la zia, medico in ospedale, che doveva lasciare la cena di Natale a mezzanotte, perché le toccava il turno?

Ecco quindi, che quando si parla di aprire i supermercati la domenica, si solleva il mondo. Tutti a dire di no, che la domenica è il giorno da dedicare alla famiglia e che toglierlo a questi lavoratori è un male.

E allora diciamo pure una cosa a tutti quelli che il turno di domenica ce l'hanno: cari familiari dei gelatai, dei pizzaioli, dei ristoratori, dei pompieri, dei medici, infermieri, autisti, ecc (e chissà quanti ne ho dimenticati), siete sfigati. Di serie B. Perché le vostre famiglie non valgono come quelle degli altri. Perché, se passare la domenica insieme è un diritto di tutte le famiglie, voi che insieme ci state il mercoledì siete out.

E ora che ho sproloquiato abbastanza, vedo anche di mettere in ordine le idee.
Non è che lavorare nei festivi sia esattamente sempre e comunque una passeggiata. Si può stare insieme con la famiglia anche in un altro giorno, ma se si hanno figli a scuola, questo stare insieme si riduce solo ad una parte della giornata. E se si lavora in due e in giornate diverse, a volte può fare comodo, così c'è sempre qualcuno coi bambini, a volte, invece è una sfiga perché non si sta mai tutti insieme e una gita fuori porta diventa impossibile.

La necessità delle aperture domenicali nei supermercati c'è. Magari non tutti. Ci sono catene che hanno anche 2-3 punti vendita in città piccole e ne aprono solo uno, magari nemmeno il più grande. Se in ogni famiglia si lavora in due, e se tutti lavoriamo alla stessa ora, diventa impossibile ogni servizio.
Un documento in comune? Una mattina intera di permesso dal lavoro. Ma cacchio, apritemi il municipio fino alle 8 di sera e ci vado quando esco. Chiudetelo di martedì e apritelo di domenica.
E quanto lavorerei meglio io stesso, potendo scambiare il lavoro domenicale con un giorno libero infrasettimanale! E' un cambio che farei volentieri. Così tutto il lavoro che va fatto quando gli altri sono fermi sarebbe più agevole, e io avrei un giorno libero a settimana per poter andare in giro per gli uffici. Anzi, a noi va bene, perché la moglie non va a lavorare fuori casa e si occupa di tante cose che non riuscirei a fare, ma alcune toccano a me e non può farle lei.

Differenziare le giornate e gli orari di lavoro invece di sincronizzarli tutti sarebbe una buona mossa. A che serve essere liberi quando non si può fare nulla perché nessuno lavora?
Ora sono un dipendente, ma quando potevo scegliermi gli orari, di solito tenevo liberi giornate e orari lavorativi per altri e andavo a guadagnarmi il pane quando gli altri riposavano.

Le situazioni sono tutte diverse, c'è chi può trarre un buon vantaggio dallo scambiare un festivo con un giorno infrasettimanale, c'è chi avrebbe dei grossi problemi.

Tuttavia, ci sono proteste che hanno anche un senso. Perché spesso le aziende, invece di trattare i lavoratori come risorsa, li spremono come limoni e li buttano via. Credo che per chiedere a un dipendente di sacrificare la domenica ci debbano essere alcune condizioni:

1. Avere un altro giorno libero nella settimana. Altrimenti non si riposa mai.
2. Essere pagato di più. Comunque si tratta di un sacrificio, per alcuni di un costo (per esempio una baby sitter che tenga i bambini visto che la scuola è chiusa, o arrivare in auto se la corsa dell'autobus che ti porta gli altri giorni non c'è)
3. Farlo a turno, non sempre.
4. Poter scegliere. E, avendo le condizioni precedenti, ci dovrebbe essere qualcuno che si offre volontario.
5. Se nessuno si offre, dare questa possibilità a chi è senza lavoro. Che l'accetterebbe volentieri.

Purtroppo, però, queste condizioni spesso non si verificano. Nella gran parte dei casi il lavoratore è obbligato a fare un turno in più ed è già tanto se quelle ore gli vengono pagate. L'altro giorno una cassiera ha raccontato a mia moglie che l'ha fatto una volta sola e si è ritrovata in busta paga 5 euro in più. Poi non l'ha più fatto. (Quindi, almeno ha potuto scegliere)
5 Euro in più per una giornata di lavoro? Boh, non è che mi convinca tanto.

Anche a me succede qualcosa di simile in questi casi. Ho lavorato in un giorno festivo e non sono stato pagato. Quando, la volta successiva, non ci sono andato, mi è stato tolto un giorno di ferie. Chiedo spiegazioni e la risposta è sempre "ah, sì, quando ho un attimo facciamo una verifica". Da mesi! Di giochetti, le aziende ne fanno sempre tanti. Io sono costretto, ogni santo mese, a controllare la busta paga, a farmi i conti e, spesso a reclamare se c'è qualcosa che non va. E meno male che i conti me li so fare, figurarsi chi non sa leggerla la busta paga (moltissimi). Ma, onestamente, non ho molto da lamentarmi da questo punto di vista, non sono obbligato a fare straordinari, festivi ecc.

Qualcuno è anche convinto che verrebbe assunta più gente. Per quel che mi riguarda, posso dirlo con ragionevole certezza. No. Da quando ci sono le aperture domenicali, nei supermercati non ho visto una faccia nuova. Sono sempre le stesse persone.

Insomma, è vero che ci sono persone che non sono mai disposte a fare un minimo di sacrificio per nulla. Ma è anche vero che i sacrifici devono essere giustamente remunerati, altrimenti che senso hanno? Mi piacerebbe vedere cosa succederebbe se offrissero delle condizioni giuste ai lavoratori per invogliarli ad andare anche la domenica.

Per chi non si è ancora stufato dei miei sproloqui, l'anno scorso avevo parlato anche di flessibilita e precariato.

Buon lavoro e buona domenica.

venerdì 17 aprile 2015

Undici

Quanto l'ho cercata e come l'ho trovata l'ho raccontato in due tempi quiqui.
E oggi sono Undici. L'undici è il numero che mi piace di più.
Undici anni di matrimonio. E la sposerei ancora per undici volte. O, facciamo per undici all'undicesima.

Eccola qui, bellissima come è sempre stata.


Il rito, in Messico, è molto bello. Prevede, tra l'altro, che i testimoni mettano al collo degli sposi il lazo, simbolo dell'unione matrimoniale.


In questo post voglio lasciar parlare le immagini. Dicono già tutto.




lunedì 13 aprile 2015

Meno tre.

Non manca più tanto, ma non si può tirare il fiato.
Ancora quattro. Due facili e due difficili. E due sessioni rimaste. Giugno e settembre.
Bisogna finire per giugno. Arrivare all'ultimo è troppo rischioso. Basta sbagliarne uno e il lavoro di sei anni è compromesso.

Sei anni, quasi. Ho cominciato che mia figlia aveva un mese e mezzo.

Ma il bello è questo, questa sfida impossibile, questa lotta contro il tempo.
Studiarli un per volta è troppo poco, bisogna accoppiarli.
E con un po' di culo si può ottenere dal prof. un esonero, un appello straordinario fuori sessione.
Vediamo, proviamo, chiediamo.
È un favore, e i professori non li pagano per fare gli esami per i corsi a distanza, né quelli ordinari, né quelli straordinari.

"Onestamente non ho molta voglia di fare appelli straordinari, ma vista la situazione della teledidattica potrei anche farlo". E meno male, speriamo che non sia pure incazzato il giorno dell'esame. Ma l'ho conosciuto, sembra bravissimo.
Giovedì mattina gli scrivo. Sono pronto, quando vuole lui. Non è esattamente vero, è che mi porto un po' avanti, se mi dice che ne parliamo a fine mese non perdo tempo.
"Se vuole va bene lunedì". Non me lo faccio dire due volte. Weekend di studio e si parte.
Se va bene ne sfanculo uno. Uno di quelli facili, ma così mi concentro sull'altro dopo. Perché mica si riposa, eh. Domattina si riprende.

Deve andare bene, non basta passarlo. Sto tentando di fare due conti sul voto di laurea. Non si capisce come lo calcoleranno, ma è possibile che non ci sia il punteggio di tesi, visto che la tesi vera e propria non si fa. Il che significa andare facilmente sotto il 100 anche con la media del 27. No, eh, che la laurea mi serve per lavorare, non sono disposto a perdere punti per cercare di finire e basta.
Me lo sto ripetendo ultimamente "prima di essere esigente con gli altri lo sono con me stesso".

E poi, rischiare di non passarlo non si può, tempo, soldi, stanchezza, ferie per andare fino a Torino non si possono sprecare.
Ma quanto mi sto gonfiando per un esame che alla fine era facile facile?

Arrivo nell'ufficio del prof. Solo io. Mi ha preparato il tema su una scrivania, intanto lui e i suoi colleghi continuano a lavorare. Parlano, telefonano, si alzano. Ma non è troppo difficile restare concentrato su quello che faccio. In fondo lo so.
Due ore di tempo. Un'ora e quaranta e consegno, non voglio riguardarlo. E' troppo facile fare pasticci quando si riguardano le cose.

E lui me lo corregge in un quarto d'ora. Intanto cerco di distrarmi. Fotografo la giustifica da mandare, riaccendo il telefono.
Sbircio, vedo che non fa segni rossi. Che ogni tanto appunta qualcosa in blu, probabilmente il punteggio degli esercizi.

"Bene, è andata molto bene" me li fa vedere. Pochissimi errori, dove proprio non la sapevo.
Complimenti per il VHDL, non lo fanno in molti, ne avrò visti 3 o 4 ultimamente.
"Eh? Come? Ma il VHDL l'ho studiato in due giorni!" Confesso. Cioè, quello mica era difficile.
Mi dà un bel 27. Me lo registrerà a giugno.
E mi ripete che non lo fa volentieri di fare appelli fuori sessione, ma ormai è probabilmente l'ultimo. Io lo ringrazio, incasso e torno vincitore a casa.
Certo, mi immagino l'incazzatura sua se avessi fatto uno schifo di esame. Almeno gli ho dato soddisfazione.

Vai questa è andata. Meno tre. Se non mi menano loro.




mercoledì 8 aprile 2015

Notte


Notte
di notte ci ho vissuto per anni. 
Tra l'insonnia di un tempo e, oggi, lo studio, con i caffè presi alle undici di sera, quando il giorno dopo non si lavora, o, in alternativa, la sveglia alle cinque di mattina, per poter avere un po' di tranquillità, di tempo, spesso rubato al sonno, per potercela fare con gli ultimi esami.
Vivere di notte è un piacere sottile. 
Mi piace il buio caldo che ti avvolge, il silenzio della città che si ferma. 
In sottofondo questa canzone che mi risuona in testa. Claudio Baglioni, 1985. Praticamente quanto di più romantico esiste.  
Una canzone che si è sempre sentita poco, non è una di quelle canzoni facili che la gente canticchia per strada. Anzi, credo che ci riescano davvero in pochi, provateci voi a tenere un acuto per sette battute di fila.

A tenere il tempo il battito di un cuore. "A tempo col rumore della terra che gira e i fornai che fanno il pane di domani"
"Quante dita stanno acchiappando note che cadono giù dal paradiso". E' proprio la sensazione che si ha pizzicando le corde della chitarra, di acchiappare le note.

"E le giornate si chiudono dietro le serrature dei portoni". Che giornata è stata questa? Non importa, si chiude per dare spazio al buio.

"Buonanotte ai piccoli dolori, buonanotte a tutti i suonatori, buonanotte a queste nubi d'inchiostro"
e che ogni ombra del giorno passi, la notte le avvolge tutte e ce le fa dimenticare.

"Buonanotte a questo figlio nostro". E qui sono rimasto davvero fregato. Mica lo sapevo quando ho sentito questa canzone per la prima volta quanto è bello vedere la propria figlia dormire come un angioletto. Anzi, mica lo sapevo che ci sarebbe stata.

"E in questo stesso istante tra la California e il Giappone c'è chi inventerà il futuro per tutti gli uomini che passano sui fogli del mondo come scarabocchi".
Quanto è vera questa parte? Quante vite sono vuote, quante persone passano senza che nessuno sappia che sono mai esistite. E quante altre invece sono le vite che lasciano un segno indelebile del loro passaggio sulla Terra? E quale di queste sto vivendo? Quale voglio vivere?

"Qui, in questa curva di cielo". Perché di notte si diventa tutt'uno con un meraviglioso cielo stellato. E di notte ti ricordi che siamo qui su un punto nell'universo, che di questa meraviglia ne facciamo parte.

"Mi sto frugando parole per far sognar qualcuno" e spero di riuscirci, che queste poche righe piacciano a chi le leggerà.

"In questa notte di note, a guardarmi la vita dentro le mani vuote". Perché finora ho vissuto intensamente, in maniera avventurosa, con tanti alti e bassi. E come te le lascia la vita le mani? Sporche, piene di cicatrici, o perfettamente curate, ma spesso vuote.

"Ma che cos'è mai che mi fa credere ancora, mi riga gli occhi d'amore e mi addormenterà...
dalla parte del cuore".
E torna il battito del cuore in sottofondo. Perché la notte ti fa sentire anche quello. Il tuo cuore e il respiro di quelle persone per cui il tuo cuore batte.

Buonanotte a tutti

domenica 5 aprile 2015

Buona Pasqua



Buona Pasqua a tutti i miei lettori!
Si dice che quando hai figli piccoli non hai tempo e modo di vedere un telegiornale, e per te c'è la pace nel mondo. E in parte è così.
Io, poi, sono sempre stato uno che vive nel suo mondo, sempre poco informato, poco attento a tutte le notizie.
E spesso mi ritrovo a conoscere le notizie importanti con tanto ritardo, altre per nulla. E finora di attualità non ne ho parlato qui.

Questa Pasqua, però, è tutto il contrario di un giorno di pace.
Centocinquanta studenti uccisi pochi giorni fa. Non mi sembra che abbiano scosso gli animi della gente come è stato per Charlie Hebdo.
Perché il Kenya è un paese lontano, e quello che è lontano lo percepiamo come meno "nostro" rispetto a un massacro avvenuto nel bel mezzo dell'Europa. Non lo viviamo come una minaccia e questo ci basta. E io, col mio vivere sempre fuori dal mondo, non faccio eccezione.

I fanatismi sono sempre un pericolo. Quelli religiosi più degli altri. E' un fatto che i cristiani abbiano fatto guerre e vittime nei secoli passati. Ma non è quello che succede oggi.
La minaccia dei nostri giorni è il terrorismo islamico. Sta diventando sempre più forte. E in Europa si appoggia tanto sulla tolleranza.
Qui esiste la libertà di religione. Ma dove può arrivare questa libertà? La libertà di pensiero non deve aver limiti? Ne siamo davvero sicuri?
Sarà che io non sono mai stato una persona tollerante, ma ora mi sono veramente rotto le scatole. Non lo so se l'Islam predica davvero la conversione degli altri attraverso le armi. Già quelli che pretendono di convertire qualcuno al proprio modo di pensare, qualunque sia mi danno fastidio.

Io non lascerei nemmeno liberi i Testimoni di Geova di andare a rompere le palle a casa della gente e per strada, già quelli li arresterei, figurarsi poi, questi che pretendono di imporre le loro idiozie agli altri.

La donna inferiore all'uomo? Dritto filato in manicomio, senza passare dal via, altro che libertà di pensiero!
Non ti piace quel che scrive il giornale? Criticalo, non comprarlo, scrivine un altro tuo, ci sono molti modi di esprimere disapprovazione.

Ammazzare i terroristi si sta rivelando una misura inefficace. Sono così convinti di andare in paradiso facendosi uccidere o saltando in aria in un attentato kamikaze, che per loro è solo un bene.
E se provassimo a combatterli sul loro terreno?
Una volta uccisi i terroristi islamici, perché non seppellirli sotto i porcili? Per loro il maiale è quanto di più schifoso esista. Passare l'eternità sotto un porcile, diventando tutt'uno col fango dove i porci razzolano può farli convincere che non li aspetta nessun paradiso, ma lo schifo eterno.
E quelli che vengono presi vivi? Bene, stessa sorte, a morire di stenti incatenati nei porcili, altro che carcere, troppo comodo.
Funzionerà?

Io so solo una cosa. La tolleranza non ha funzionato. Un conto è non imporre le proprie idee agli altri, un altro è accettare che ognuno faccia i suoi comodi.


Questo post inaugura una sezione chiamata "impopolare". Sono i temi scottanti, quelli su cui si può discutere, litigare, su cui le opinioni possono essere fortemente contrastanti.
Non mi sono mai esposto tanto con delle opinioni così forti. Lo faccio davvero poco, ma ogni tanto ci vuole.
Buona Pasqua a tutti.