lunedì 27 luglio 2015

L'ulivo

Una decina di giorni fa ho dichiarato chiusi gli esami universitari. E ancora non mi sembra vero. Di avere finalmente, dopo anni, del tempo libero, ma libero davvero, senza la pressione di dover studiare e senza sentirmi a disagio per ogni momento di relax.

Sto indugiando, parecchio. So bene che il prossimo passo per me sarà quello di definire e mettere in pratica il mio percorso da expat (o almeno provarci, che nulla è garantito). Ma prima ho bisogno di fare tanto ordine.

Ordine in casa, sì, perché il materiale di studio va selezionato, ora, conserverò quello che serve, butterò via qualcosa, vedrò cosa fare con tutto.
Ordine nel mio tempo. Perché ho cominciato a occuparmi di tutto ciò che non ho avuto il tempo di fare prima, e di cose da fare me ne mancano. Ho cambiato compagnia telefonica (visto che tra l'altro ho terminato il vincolo con la 3), ho organizzato una piccola vacanza, tra poco comincia anche la stagione della salsa (vedasi post dell'anno scorso) e tra poco dovrò occuparmi di altre scadenze.

E' per me un periodo in cui scade tutto, più o meno un ciclo di vita che si chiude. Dal contratto d'affitto di casa alla revisione dell'auto, alla compagnia telefonica all'università ad altro ancora. Arriva il momento di occuparsi di tutto insieme, di cercare le soluzioni temporanee o no per tutte le cose.

E soprattutto, ordine nelle mie idee.
Il desiderio di espatriare, la ricerca continua di una destinazione dura da 15 anni e da allora tante cose sono cambiate.
Ma come ci sono arrivato fin qui?
Cosa mi ha portato a fare l'università adesso? E prima che facevo?
Forse avrò incuriosito qualcuno. E così ho deciso di raccontarlo, cercando di essere breve. E' un piccolo percorso che aiuta anche me a mettere in ordine le idee.

Quando sento parlare oggi, nel 2015, della vita a comparti stagni, in cui bisognerebbe prima completare gli studi e poi iniziare a lavorare e tenersi lo stesso lavoro per trent'anni fino alla pensione, mi viene una tristezza... e penso "no, non lo volevo e non l'ho fatto".
Perché sono come un ulivo, cresco in una direzione e poi comincio a girare in un altra.


A 11 anni frequentavo già due scuole, come i miei compagni di classe. La scuola media e il conservatorio. Violino. Ho studiato violino per tanti anni, in realtà senza concludere mai nulla. Era una scelta mia solo in parte, ci ero stato portato. Probabilmente perché mio fratello al conservatorio c'era già. E, un po' come quando da un fratello all'altro si passano i vestiti mentre crescono, anche queste scelte mi sono state un po' "passate". E' più comodo, quando si hanno tanti figli, se uno segue le orme dell'altro.
Ed io sono il "numero 2". Così mi presentava mio padre. Secondo di quattro. E sono stato sempre secondo a mio fratello. Quello bravo è lui, io sono rimasto sempre un gradino sotto. Questo non lo dicono gli altri, lo dico io.

Ero bravino a scuola, ma ci andavo per forza, ne avrei fatto volentieri a meno. Ora, da grande, capisco il perché. La scuola stessa era scadente, molti professori erano lì solo perché erano delle mezze seghe e non sarebbero stati capaci di fare altro, non certo per amore dell'insegnamento. E sono rimasti dei gran fannulloni, di quelli che, se ci fosse meritocrazia, andrebbero a casa a calci nel sedere.
Il politecnico è stata una rivincita enorme. Per la prima volta sono andato a scuola con piacere

Non è stato così per la scuola superiore. L'ho fatta per forza, ho scelto ragioneria per esclusione. Non ho mai creduto che, qualunque scuola scegliessi, mi avrebbe dato una cultura e non l'ha fatto.
Ricorderò sempre il giorno degli orali. Il mio compagno di banco mi ha aspettato, ci siamo messi davanti all'edificio e abbiamo ripetuto insistentemente il ritornello di una nota canzone dell'epoca:
Vaaaaaffancullooo
Vaaaaaffancullooo
Vaaaaaffancullooo
Vaaaaaffancullooo

E poi? Avrei potuto rassegnarmi, dire "ormai ho fatto questo, ho il diploma di ragioniere, un lavoro lo posso cercare.
Ma era una vita a cui non volevo rassegnarmi.
E non l'ho fatto.
Perché l'ulivo cambia direzione quando meno te lo aspetti...

giovedì 16 luglio 2015

L'ultima fatica

Eccomi qua, di ritorno da Torino. Il treno attraversa millemila gallerie, quando sbucherà, dopo avermi offerto lo spettacolo meraviglioso del mare delle cinque terre, sarò quasi arrivato.
Ultimo esame: Economia. Un complementare che non ha nulla a che vedere con l'ingegneria.

Alle 9 di mattina nell'ufficio del prof.
In ascensore mi guardo allo specchio e alzo il pollice. Mi dico "E' l'ultimo"

E l'ultimo esame è andato. Un bel 25. E chiudo la serie infinita di esami (35, trentacinque esami!) con la media del 26.

Passo in segreteria a chiedere cosa fare per la laurea. Non c'è da fare la tesi, per i corsi a distanza sono previste delle alternative. Io ho fatto una relazione (lunga come una tesi) sul lavoro che faccio, con tanto di certificazioni dell'azienda.
Il 27 ottobre c'è la proclamazione.
"Ma, per curiosità, mi sa dire lei come si calcola il voto di laurea?"
Finora è stato per tutti noi un mistero.
"Ecco qui, c'è sul portale della didattica in questa pagina il calcolo fatto".
Il voto sarà basso. Il meccanismo penalizza terribilmente i teledidattici. Resterò probabilmente sotto il 100.
Voglio essere onesto con me stesso. Ho fatto quello che ho potuto, non sono un genio e sono arrivato fin qui. Speravo di poter fare di più, ma davvero non me la sono sentita.

Ma ce l'ho fatta. Ho finito con i 35 esami di questa facoltà e a ottobre avrò la mia laurea. E l'ho conquistata:
- Al Politecnico di Torino. In Ingegneria Informatica
- In meno di 6 anni. Per i corsi a distanza questo significa essere in corso.
- Con la media del 26.
- Lavorando.
- Perdendo, cercando e ritrovando in questi anni due volte il lavoro.
- Con tre traslochi e corrispondenti cambi di città.
- Con una figlia aveva un mese quando mi sono iscritto ed ora sta per compiere 6 anni.

E c'è una cosa importante che continuo a dire da allora: non ho fatto niente di speciale, quello che ho fatto io lo può fare chiunque altro.

A tutti quelli che continuano a dire "non si può fare" mando un grandissimo "Vaffanculo". Sono stanco di sentire tanta gente che pensa che si debba prima studiare, poi lavorare e che non si possa fare diversamente, che studio e lavoro non sono compatibili.
Non sono il primo a dimostrare che non è vero, ma questi idioti continueranno a dirlo lo stesso e a stroncare tanta gente che ce la potrebbe fare.

Sono tante le persone che voglio ringraziare per questo.
Le prime sono le mie donne. Mia moglie ha sicuramente più merito di me in questo. Tutto quello che ha fatto per permettermi di studiare non si può riassumere in poche parole. Dallo stare insieme alla figlia anche per settimane senza un momento di pausa, al gestire la casa senza mai un aiuto (e mo' mi tocca però) a tanto altro.
La Tremendazza non sa ancora cosa vuol dire avermi per sé. Aveva un mese e mezzo quando ho cominciato, ora che ho finito io comincerà lei (a settembre entra in prima elementare). Abbracciarla ieri sera e poterle dire "ora papà è tutto tuo" non mi è sembrato vero.

E poi voglio ringraziare tante altre persone che mi hanno supportato. Ascoltandomi quando ero senza più forze, con qualche buona parola. Tra voi che state leggendo nessuno si senta escluso, e non mi fate "Chi, io?". Ci proverò a ringraziarvi tutti, spero di riuscirci.

Con un moto di orgoglio spropositato metto qui la foto del mio libretto elettronico, che ho visto crescere a partire dal 2009.



Ci vediamo a ottobre a Torino, siete invitati!

lunedì 13 luglio 2015

11 Luglio 1982

E' una data che mi rimane impressa, anche dopo tanti anni.
Siamo all'inizio degli anni 80. Rispetto ad oggi un'epoca spensierata. O forse perché io allora avevo otto anni. Nemmeno compiuti. E quei piccoli ricordi ti restano dentro.

Una serata davanti alla televisione. Come milioni di persone.
E, mi fa piacere ricordarlo, davanti alla televisione in bianco e nero.
La televisione a colori allora era una novità. Non mi ricordo se era già arrivata da noi. Ma quella sera la partita la vedemmo in cucina, sul televisore in bianco e nero.
Qualche giorno prima, al compleanno di mio fratello, la tv grande del salone era accesa su Italia-Brasile. L'esplosione di Paolo Rossi, che rifila tre pappine alla migliore squadra del mondo e, pochi giorni dopo altre due alla grandissima Polonia di Boniek, che farà poi il mazzo alla Francia di Platinì.

Allora nessuno se lo aspettava di vedere questa finale. Beata ingenuità, mentre iniziavano le immagini del collegamento chiesi a mio padre "Andiamo a Madrid a vedere la partita?" Ovviamente non era possibile...

Basterebbe dare un'occhiata all'elenco delle nazioni partecipanti per capire come la Storia sia passata come un carro armato su quegli anni, come quella sera sia distante un'epoca da oggi:
URSS
Cecoslovacchia
Jugoslavia

e soprattutto: quella partita è ricordata come Italia - Germania.
Nooo, Italia - Germania OVEST. C'è una bella differenza. Il muro di Berlino era in piedi e ci sarebbe rimasto ancora per anni.
Allora i migliori giocatori di ogni nazionale militavano nel campionato italiano, o ci sarebbero arrivati a partire dall'anno successivo: Platinì, Maradona, Boniek, Zico, Falcao, Socrates, Junior e tanti altri, oltre, ovviamente, a tutta la nazionale italiana.

Non che io sia mai stato un grande appassionato di calcio e, meno ancora, un intenditore. Ma in quel momento, in quell'epoca, il calcio era ancora qualcosa che univa il Paese. E il presidente più amato della storia della repubblica ancora di più. Insieme all'allenatore più amato. I fumatori di pipa più famosi d'Italia.


Nando Martellini dà il benvenuto dal Santiago Bernabeu di Madrid ed io e mio padre iniziamo a seguire la partita.
Per qualche motivo sono considerato un portafortuna. Metà del primo tempo, mi allontano qualche minuto. Bestemmione di mio padre.
Che è successo? Chiedo. "Cabrini ha sbagliato il rigore". Non mi sembrò grave allora. Paperino ne aveva sbagliati 3 in un giorno solo mentre si allenava per i mondiali.
Il primo tempo finisce zero a zero. Antognoni si era beccato una squalifica e non aveva potuto giocare la finale, poi Gentile si era infortunato dopo pochi minuti e Bearzot l'aveva sostituito con Altobelli. Scelta azzeccata, visto che poi sarà lui a segnare il terzo gol.

Pablito regala l'ultima chicca aprendo le marcature nel secondo tempo, poi Marco Tardelli mette la firma con il due a zero. E' lì che la partita è davvero nostra, quando l'urlo simbolo del mondiale attraversa il campo.


E' lì che Pertini si alza e dice "non ci prendono più". Poi ci pensa "Spillo" Altobelli a mettere a segno il 3-0. "Ormai la partita è vinta" penso, e mi allontano ancora un attimo.
Secondo bestemmione di mio padre. 
"Ci hanno fatto gol".
"Che importa, ormai abbiamo vinto!"
E poi l'urlo "Campioni del mondo". Tre volte. 
La prima per due generazioni di Italiani, la prima della storia della repubblica, la prima in televisione.
Capitano Zoff che alza la coppa diventerà un'altra immagine simbolo. Guttuso ne farà un quadro e poi arriverà anche il francobollo. Chissà dov'è finito, ce l'avevo.



Pochi minuti dopo ci affacciamo dal balcone e vediamo le macchine sfrecciare con bandiere e clacson. 
"Andiamo anche noi?"  
"No, meglio di no". Forse perché effettivamente correvano come matti e non sembrava così sicuro mettercisi in mezzo.

Quella vittoria è rimasta nel cuore a tutta l'Italia per tanti anni ancora. Anche più della successiva. Il perché non lo so, e non importa.
Forse quella è stata l'ultima volta che l'Italia (inteso come il Paese, non la nazionale di calcio) ha vinto. O forse mi è piaciuto crederlo perché avevo otto anni, e a quell'età il mondo è buono.

sabato 11 luglio 2015

Viaggio allucinante

Rieccomi. Ormai prossimo all'ultima fatica.
E' da un bel pezzo che non scrivo, che non ho un attimo. Ora, finalmente, posso cominciare a recuperare qualche post che volevo scrivere da un mese a questa parte.
Da metà giugno a metà luglio c'è la sessione di esami, per me, spero, l'ultima. Ho cominciato con due esami il 16 e il 18 giugno. Sono andati, non benissimo, ma ormai sono stanchissimo e prendo quello che viene. Non ho più tempo, bisogna fare in fretta. Cercando di non rovinarmi la media.

Di solito il viaggio Lucca - Torino è tranquillo. Questa volta invece è successo di tutto. Mettetevi seduti e guardate cosa può capitare quando si viaggia sulle ferrovie italiane...

Antefatto
Il 12 giugno un delinquente, che meriterebbe solo di essere impiccato, sale a bordo di un treno del passante ferroviario milanese senza biglietto e, di fronte alla richiesta del controllore di mostrarglielo, estrae un machete e quasi gli mozza il braccio.
E' l'ennesimo episodio di aggressione e di violenza da parte di passeggeri che pretendono di fare il bello e il cattivo tempo contro i poveri controllori, che spesso non ce la fanno. Viaggio in treno tutti i giorni, ogni tanto la polizia mi chiede di mostrare l'abbonamento al controllore e poi 3-4 agenti salgono sul treno (un locale da 60 km). La polizia? E che c'è bisogno che me lo chiedano loro l'abbonamento? Certo che lo mostro! E anche se non ce l'avessi non andrei mai ad aggredire un povero Cristo che fa un lavoro onesto per portare il pane a casa.
Ma la regola, quello che mi tocca vedere tutti i giorni è che i controllori hanno paura e spesso, se non c'è la polizia, non controllano. Altre volte ho visto che qualcuno di questi bastardi viene arrestato e la gente critica la polizia e considera il tizio in questione una vittima. Ma si può?

Giustamente il personale delle ferrovie, esasperato da questo clima assurdo, entra in sciopero. Il 16 viene proclamata una giornata di astensione.
Purtroppo, però, questa cosa non viene comunicata adeguatamente e moltissima gente non ne sa nulla.

E così...
Il 16 giugno era proprio il giorno del mio esame. Partenza prevista da Viareggio la mattina presto, cambio a Genova e poi dritto fino a Torino. Stesso itinerario al ritorno.
Compro i biglietti online. Uso una carta prepagata, siccome non ho voglia di starci sempre attento, di preoccuparmi di tutte le misure di sicurezza necessarie, se devo fare un acquisto metto più o meno i soldi giusti sulla carta al momento di fare l'acquisto e poi la svuoto subito.

La sera, mentre ero lì bel bello che studiavo ancora i diagrammi a bande e i Mosfet, mia moglie mi avvisa che "domani c'è sciopero dei treni"
Cheeee? Ma lo sciopero non era solo a Milano? Inizialmente avevano annunciato così!

Controllo la notizia, i dettagli. Porcaputtanamaialazza! Il treno Genova-Torino rientra nella fascia oraria dello sciopero. Rischio di arrivare a Genova e non poter ripartire. Qua bisogna cambiare itinerario.
Faccio un tentativo. Ci sarà mica qualcuno che parte con blablacar da Genova a Torino? Uno solo, lo chiamo. Niente da fare, ha già riempito la macchina.

I biglietti che ho preso non sono rimborsabili, posso cambiarli col sovrapprezzo. Poi, solo se domani il treno salta, mi ridanno i soldi.
Vabbè, pazienza. Sono le 10 di sera e mi tocca andare a mettere soldi sulla carta per cambiare i biglietti.
Anticipo il viaggio di un'ora. Anziché alle 5, mi devo svegliare alle 4. Ma così il treno da Genova parte e sono a posto.

Il giorno dopo
Viareggio - Genova, tutto a posto. Durante il viaggio mi toccherà anche seguire un po' il ragazzo che mi sta sostituendo sul lavoro. E' bravo, ma ha appena cominciato. Se tutto va liscio lui sa cosa fare, altrimenti bisogna aiutarlo.
E gli informatici sanno che questo mondo è regolato dalla legge di Murphy: se qualcosa può andar male lo farà. Ovviamente è andato tutto storto proprio quel giorno, e ho dovuto occuparmi per tutta la mattina di dare assistenza telefonica al mio collega, facendo il possibile mentre la linea cadeva con le gallerie e poi durante tutto quello che succede dopo.

Il treno da Genova parte. Bene. Anche se lo sciopero comincia durante il tragitto, ormai questo treno arriverà a destinazione. O almeno così credevo. E come me un bel po' di passeggeri.
Eh no!
Alessandria. Signori si scende. Il treno si ferma qui e comincia lo sciopero. Arrangiatevi. O, per dirla con le gentili parole uscite dall'altoparlante:
"Avvisiamo i signori viaggiatori che questo treno si fermerà nella stazione di Alessandria a causa dello sciopero proclamato oggi. Ci scusiamo per il disagio".

Purtroppo 'sti scioperi servono assolutamente a nulla. Perché i dirigenti delle ferrovie che mandano i controllori a prendere botte e coltellate risparmiando sulla sicurezza e intascando milioni, il treno non lo prendono e non si troveranno mai a disagio.
Non me la prendo certo con questi poveretti. Cosa farei io se mi mandassero a fare la carne da macello? Non sciopererei anche io?

Blablacar
Comunque, qua bisogna arrivare a Torino e non si può fare certo a piedi. Dal treno riprendo blablacar e questa volta trovo un autista che fa Alessandria - Torino.
Ottimo. 6 Euro e mi porta. E pensa anche di partire abbastanza presto. Intanto una famiglia di fianco a me, papà, mamma e bambino di 4 anni, mi chiede se posso aiutarli, se ci ho capito qualcosa. Lui parla un inglese stentato ma ci capiamo. Sono romeni, devono arrivare a Caselle a prendere l'aereo.
L'autista mi chiede quanto bagaglio abbiamo. Io ho solo uno zainetto e posso tenerlo in braccio. Loro hanno un paio di valigie grandi. Lui mi fa segno, con le mani giunte "ti prego, aiutaci, le valigie ce le teniamo in braccio se non ci entrano".

Stazione di Alessandria. Potete scendere che tanto da qui non si riparte. Ok, se il nostro autista è affidabile ce l'abbiamo fatta.
Altre telefonate di assistenza al collega mentre sono seduto sulla panchina della stazione, col pc in braccio per cercare di sistemare quello che oggi non va. Proprio oggi, eh!

Intanto, in biglietteria, mi ridanno i soldi del biglietto Genova-Torino. Ho recuperato almeno qualcosa. Alla fine della giornata avrò speso quasi il doppio.
E mentre aspetto l'autista, beffa della giornata, il treno che avrei dovuto prendere inizialmente, quello programmato, che mi aspettavo che non ci fosse, parte. Mi veniva voglia di salirci, avevo ancora il biglietto valido per quel treno. Ma mi sono impegnato con l'autista dell'auto e non posso bidonarlo, non si fa. Ovviamente quel biglietto non me lo rimborseranno.

E così Alessandria - Torino si fa in macchina. Con un rappresentante della MoneyGram che deve viaggiare per tutto il nord-ovest, e l'allegra famigliola sul sedile di dietro. Le valigie ci sono entrate tranquillamente. Sono venuti in Italia perché il bimbo è stato operato al cuore e sta facendo visite di controllo annuali. Piccolo! Questi sono i veri problemi della vita.
Gentilmente, il mio compagno di viaggio mi porta in macchina al politecnico, poi prosegue con gli altri passeggeri. E' la prima volta che uso blablacar e mi è andata decisamente molto bene.

L'esame
L'esame è decisamente la preoccupazione minore di tutta la giornata. Non perché sia facile, anzi, lo passerò con un misero 22.
Siamo in 4 noi dei corsi a distanza. La cosa bella è che ho ritrovato, insieme, alcuni dei compagni con cui ho condiviso tutti questi anni. Di esami insieme ne abbiamo fatti tanti, ci siamo aiutati molto. E dopo l'esame uno ha detto: "ora basta, non voglio vedervi più". Per lui è il penultimo, e anche noi altri siamo quasi alla fine. Sono l'unico che non ha lasciato l'esame di inglese per ultimo. Io l'ho fatto all'inizio, senza doverci faticare tantissimo, gli altri l'hanno lasciato alla fine per affrontarlo con tutta la calma l'anno prossimo, prendendosi tutto l'anno di tempo.
Condividiamo l'esame con i ragazzi del diurno, che fanno un corso più impegnativo di questa materia.
Il professore mi dà una traccia uguale alla loro. "ah, professore, io sono un teledidattico", dico, pensando che il nostro tema sia diverso.
"Non importa, siete tutti uguali, davanti a Dio e davanti alla legge". Che bravo, simpatico, ha fatto un bellissimo corso, il migliore dei professori che ho avuto. Lo ricorderò con piacere.

Ritorno
E' finita qui? Ormai dovrei poter tornare tranquillo a casa. Lo sciopero è finito.
No, si porta dietro qualche strascico.
Torino Porta Nuova.
Il treno per Genova è previsto in ritardo di 40 minuti. Ma così perdo la coincidenza a Genova. Posso prendere il treno successivo, ma devo cambiare biglietto.
Sono stanco di tutti 'sti casini. Faccio la fila in biglietteria, con tutta la calma del mondo. Intanto il mio collega mi fa sapere che alla fine della giornata tutto è andato a posto e che anche lui è rimasto coinvolto nei disagi dello sciopero. Arriverà tardi a casa anche lui. E nemmeno lui sapeva nulla.
Come previsto, devo cambiare il biglietto, con sovrapprezzo. Il fatto che il treno prima sia in ritardo e la coincidenza si perda non mi dà diritto al rimborso.
Il treno è pieno. E' il primo che parte da 8 ore. C'è posto per sedersi, per fortuna. mangio con lo zaino in braccio. Ormai sembra che si possa tornare a casa senza altri problemi. Si parte col ritardo previsto. Tempo di arrivare a Genova e ha recuperato tutto. Se non avessi cambiato il bigliettooooo.

Genova Piazza Principe.
Qui si cambia sempre treno senza cambiare binario. Sul marciapiede c'è il controllore.
"Scusi, sa, avrei dovuto prendere questo treno, ma ho cambiato biglietto perché la coincidenza sarebbe saltata" Gli mostro il biglietto elettronico annullato.
"In teoria potrebbe cambiarlo ancora, con un sovrapprezzo" (un altro, ho già pagato per il primo cambio), ma dovrebbe andare in biglietteria, non fa in tempo.
Pazienza, grazie. Mi avvio mesto ad una saletta di attesa per restare lì un'ora. Un minuto dopo entra anche lui e mi dice "Guardi, salga pure, su questo treno ci sono io, va bene così. Oggi c'era sciopero, è stata una giornata particolare". Lo ringrazio tanto di questa gentilezza. Dopo una giornata così tornare a casa un'ora prima è una grazia.

Intanto...
Intanto, durante il viaggio, gallerie permettendo, guardo cosa è successo oggi. All'onore delle cronache proprio l'autobus che prendevo per viaggiare da Firenze a Lucca. Beh, non proprio quello, la linea sì, ma in un altro orario. Ecco, quell'autobus è andato a fuoco.


Nessuno si è fatto male, era quasi vuoto. Però mi viene da pensare che, nonostante una giornata così dura, a me tutto sommato è andata bene.