In questo post butto giù tanti pensieri in disordine, per poi riordinarli un po' alla volta.
"Mettiamola cosi’: trasferirsi negli Stati Uniti e’ quasi impossibile. Ma quel QUASI e' come una scala appoggiata a un muro."
Scrive un mio amico qui. All'inizio della sua fatica, tre anni fa. E' stato bravissimo, ce l'ha fatta ed ora, un paio di giorni fa scrive
"I prossimi mesi potranno tingersi di verde".
Una grandissima gioia che condivido con piacere, che mi emoziona molto.
"E' difficilissimo, devi avere una marcia in più perché le compagnie americane decidano di sponsorizzare proprio te, invece di assumere un americano o qualcuno che ha già un permesso di lavoro"
E' il succo di molti commenti a uno dei post precedenti. Verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Ed è inutile prendersela con chi te la mostra, ché non dipende mica da chi ti vuol far vedere le cose come sono, anzi, è solo un aiuto.
Non è una cosa semplice pensare di trovare lavoro e stabilirsi negli USA. Non è come in Italia, dove puoi entrare come turista e, se trovi lavoro, rimanere ed ottenere facilmente un permesso di conseguenza.
Per lavorare negli Stati Uniti bisogna trovare uno sponsor, cioè un'azienda disposta a investire sul lavoratore. Quest'azienda deve convincere poi l'ufficio immigrazione che il lavoratore straniero scelto non è sostituibile da un americano, che è proprio necessario dare un permesso a questa persona altrimenti nessuno potrà assolvere alla mansione. E' per questo che quando, su tutti i siti, forum e blog di italiani in America, qualcuno scrive "vengo anche a fare il lavapiatti", gli viene risposto "legalmente non è possibile".
Che visto ci vuole per lavorare?
Ci sono molti siti web che propongono l'elenco dei visti esistenti. Quello ufficiale ne mostra una serie, uno per ogni lettera dell'alfabeto. Probabilmente, l'unico che potrei ottenere, eventualmente, è il visto H1B. Queste sigle mi fanno pensare alla "casa che rende folli", delle 12 fatiche di Asterix. Solo che sarà molto più difficile.
Esistono altri visti, dedicati però a situazioni diverse dalla mia (quelli per chi lavora già per una compagnia americana in Italia, i visti per atleti, giornalisti, religiosi, per chi sposa un'americana...) niente, nessuno di questi fa per me.
Per potersi stabilire negli USA ci vuole la green card. Molto difficile che un'azienda si impegni per farla concedere a un lavoratore da assumere, lo farebbe per qualcuno che già lavora al suo interno.
L'alternativa è vincere la green card con la Diversity Visa Lottery. Finora ci ho provato solo due volte, non ho vinto. Si ritenta a ottobre. Una botta di culo così e il problema visti è risolto.
A che punto sono io per arrivarci?
Ho la laurea e qualche anno di esperienza come programmatore web. E a questo punto facciamoci qualche grassa risata. Perché questo possiamo definirlo "il minimo sindacale". Avendo già il permesso di lavoro probabilmente con questo potrei trovare un buon impiego. E' il minimo sindacale perché senza questo minimo posso aspirare solo a un paio di pedate.
Ma voglio incoraggiarmi
Allora, adesso mi permetto di fare il gradasso. La laurea l'ho conquistata lavorando, e il fatto di lavorare non è stato l'unico ostacolo (per chi se lo fosse perso ne parlo qui). A proposito, oggi mi sono iscritto per la sessione di laurea, il 27 ottobre a Torino, chi vuole può unirsi.
Dico sempre che non è nulla di speciale, che può farlo chiunque, e ci sono altre persone che lo fanno, ma ce ne sono molte altre che dicono che è impossibile (e rompono le scatole a chi ce la sta facendo, per parafrasare Einstein).
Ma sono uno scout. E gli scout imparano a dare un calcio all'impossibile. E' questa l'immagine che mi viene in mente quando qualcuno usa a sproposito questa parolaccia.
immagine presa dal web |
Ho già ottenuto qualcosa che molti considerano impossibile. Non deve essere la semplice opinione di chi non ci crede a scoraggiarmi. Quella deve servire solo a farmi valutare correttamente la difficoltà della cosa, non a farmi rinunciare.
Un punto di forza
C'è un punto di forza, su cui posso fare leva. E' il settore lavorativo. Se non fossi un informatico non avrei come obiettivo gli Stati Uniti. Invece i programmatori sono molto richiesti. Basta cercare qualche informazione per scoprire che:
- La maggior parte dei visti lavorativi vengono richiesti per programmatori e analisti.
- Le aziende hanno tanta necessità di informatici da far pressione sul Congresso perché conceda un maggior numero di permessi.
Cosa posso fare
Quel che sto facendo, al momento, è vedere quali sono le aziende di informatica che sponsorizzano solitamente i visti lavorativi, sono quelle a cui bisogna puntare, capire cosa richiedono e cosa offrono.
Un vantaggio che posso acquisire sono le certificazioni internazionali dedicate ai programmatori, è un'altra cosa che sto valutando.
I passi successivi, poi, saranno il preparare un buon resume (da capire come va fatto, visto che c'entra relativamente poco col cv italiano), costruirmi un profilo pubblico come minimo presentabile. Il resto è in fase di elaborazione. Poco a poco, la strategia la devo costruire.
Lo so, con quello che scrivo potrei essere anche di aiuto a qualcuno che mi precederà. E non ci vedo nulla di male. Sarebbe ridicolo pensare che io mi stia dando la zappa sui piedi rendendo noti i passi che sto facendo per raggiungere l'obiettivo. La logica del non aiutare il prossimo per non farsi superare è la prima cosa da abbandonare, il primo bagaglio da non portare via.
Bravo, con razionalità, un passo alla volta, un piede alla volta su quella scala a chiocviola
RispondiEliminaGrazie. Per tutto l'incoraggiamento e l'aiuto.
EliminaSono ammirata dalla tua determinazione. Complimenti
RispondiEliminaTi ringrazio, Speranzah, mi fai sorridere tanto :)
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